Dinamica dei sistemi giuridico-sociali
Descrizione sintetica
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Il programma di dottorato in “Dinamica dei sistemi” si fonda su un approccio multidisciplinare integrato. Tale approccio mira a sviluppare delle capacità di ricerca-intervento che consentano allo studente di acquisire una “chiave di lettura” sulle relazioni tra le dinamiche fenomeniche osservate in diverse fattispecie nei sistemi sociali e le strutture causali ad esse sottostanti. Questa “chiave di lettura” si incentra sull’utilizzo di una metodologia denominata “dinamica dei sistemi” (System Dynamics). Detta metodologia consente allo studente di acquisire capacità di analisi-diagnosi che si prestino a supportare i processi di comunicazione, di apprendimento, di allineamento e miglioramento dei modelli mentali e l’adozione di sistemi normativi, di regole e strumenti decisionali, tali da condurre alla formulazione di politiche “sostenibili”, nel tempo e nello spazio. Ovvero, tali da non migliorare soltanto i risultati nel breve ma anche nel lungo termine; e altresì tali da rendere la soluzione dei problemi compatibile con i risultati connessi ad altri ambiti problematici affini.
Il programma di dottorato, in tal modo, forma una nuova figura professionale: quella del “facilitatore” dei processi di apprendimento e dei processi decisionali che coinvolgano diversi attori sociali chiamati a rispondere a problemi sistemici e “globali”; problemi che non si prestano ad un approccio settoriale, mono-disciplinare e statico. Tra questi problemi, un ruolo particolare è occupato da quelli che la letteratura ha definito come wicked problems, cioè da quelle tematiche multiformi nel tempo e nello spazio che – specialmente oggi – pongono alla società e alle sue istituzioni delle sfide senza precedenti. Ad esempio: la regolazione dei flussi migratori, il terrorismo, la globalizzazione dei mercati, l’invecchiamento della popolazione, la prevenzione e il controllo del crimine, il miglioramento della qualità della vita nelle aree urbane metropolitane e nelle periferie, la salute e lo sport, l’inquinamento, i disastri naturali, la marginalizzazione sociale.
Particolarmente nell’ultimo decennio, specialmente le dinamiche generate da questa ‘famiglia’ di problemi hanno dimostrato l’imprevedibilità dei fenomeni ai quali una pluralità di decisori operanti in diverse istituzioni è chiamata a fornire delle risposte. In tale contesto, i modelli interpretativi, le regolamentazioni, i processi e gli strumenti decisionali tradizionali si sono rivelati obsoleti. Tali approcci al governo e alla formulazione delle decisioni tendono, per la più parte, ad essere caratterizzati da una prospettiva statica (cioè, tale da non considerare il peso della variabile “tempo” e le implicazioni di “trade-off” che da questo discendono), settoriale (cioè, mono-disciplinare), e atomistica (cioè, tale da frazionare il governo nel solo alveo delle politiche e delle decisioni formulate nell’ambito di singole istituzioni o di singole componenti di una istituzione, perdendo così di vista la prospettiva del sistema sottostante ai problemi stessi). Un esempio, al riguardo, è fornito dalle politiche di risanamento finanziario che, in diversi paesi del mondo, le amministrazioni di Comuni capoluogo di aree urbane metropolitane hanno adottato. Nell’intento di recuperare livelli efficienza nella spesa pubblica, e di ripristinare un equilibrio nei bilanci comunali, tali politiche sono state talvolta incentrate sulla adozione di “tagli trasversali” nella stessa, e specialmente nella contrazione delle c.d. “spese per lo sviluppo” (come ad esempio quelle per le infrastrutture, per il verde pubblico, per l’assistenza sociale, per la prevenzione dei rischi). Tale politica ha gradualmente condotto ad un peggioramento della “qualità della vita” e dell’attrattività dei territori presidiati da tali Comuni, dando così luogo ad ulteriori problemi finanziari per l’amministrazione finanziaria di tali istituzioni.
Nella prospettiva descritta, determinati ambiti decisionali riguardanti il settore pubblico, e tradizionalmente identificati in modo univoco con riferimento all’autorità e alla responsabilità di specifiche istituzioni o agenzie – come, ad esempio, per quanto concerne le infrastrutture, l’istruzione, i trasporti, lo smaltimento dei rifiuti, la valorizzazione dei beni culturali – non si prestano oggi a questa visione atomistica. La necessità di un più forte coordinamento tra istituzioni e decisori pubblici e, tra questi, e istituzioni private (es.: imprese, enti sportivi, associazioni non profit, famiglie) richiede la formulazione e attuazione di politiche che derivino da una visione condivisa della struttura causale sottostante ai problemi da affrontare. Tale coordinamento implica pure la ricerca di una maggiore capacità di attuazione delle politiche pubbliche e di valutazione del loro impatto. Si tratta, dunque, di un coordinamento inteso sia in senso “verticale” che “orizzontale”, volto a superare barriere distorsive di diversa natura (politica, amministrativa, di regolamentazione, di linguaggio, culturali, professionali).
Il processo di apprendimento strategico che può supportare il cambiamento descritto costituisce la chiave attraverso la quale l’approccio della “dinamica dei sistemi” offre il concreto vantaggio per una evoluzione delle conoscenze e delle pratiche applicative in un’ottica interdisciplinare.
Sebbene le decisioni volte a fornire una risposta a tali problematiche non possano che essere formulate nell’ambito di singole istituzioni che si avvalgano di specifiche competenze e professionalità, oggi queste devono sempre più discendere da una governance collaborativa che presupponga la capacità dei decisori di combinare una visione macro con una visione micro, con riferimento alla chiave di lettura dei fenomeni analizzati. Questa prospettiva, attraverso l’analisi delle relazioni di feedback tra struttura e dinamica dei sistemi, è tale da favorire un migliore allineamento tra sistema giuridico-istituzionale, sistema socio-politico e culturale, e sistema manageriale, tale da sostenere un miglioramento delle prestazioni che guardi anche agli outcome, e non soltanto agli output o ai presupposti formali sottostanti alle azioni intraprese da ciascun decisore.
Sulla base di questi presupposti metodologici, il programma di dottorato si articola su due curricula tra loro collegati, cioè:
- Modelli per il miglioramento della performance nel settore pubblico (curriculum internamente in lingua inglese e a doppio titolo con la Università Tadeo Lozano di Bogotà, Colombia e con il supporto didattico della Università di Bergen, Norvegia).
- Dinamica dei sistemi giuridico-sociali.
Background scientifico del curriculum
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Il fil rouge che si dipana alla base del curriculum “giuridico-sociale” del dottorato di dinamica dei sistemi, peraltro in larga parte comune con il curriculum “economico-manageriale”, prende le mosse dall’opera di due Autori e precisamente da un lato dalle tesi di A. Appadurai, espresse in “Modernity at Large: Cultural Dimensions of Globalization”, University of Minnesota Press, Minneapolis-London 1996, (trad. it. Modernità in polvere. Dimensioni culturali della globalizzazione, Meltemi, Roma 2001) e dall’opera basilare di Ludwig von Bertalanffy “Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni”, Mondadori, 2012. Entrambi gli Autori guardano il mondo contemporaneo prendendo in considerazione la circolazione dei modelli e il fenomeno dei flussi culturali globali.
La complessità dei flussi culturali globali ha avuto effetti profondi sulla produzione di località (Appadurai 1996) e di soggettività locale (Das 2007). Questi flussi e queste reti non si manifestano più soltanto nella rapida diffusione e adozione di elementi culturali provenienti da mondi culturali “altri”, che in passato erano più o meno separati. Oggi sconvolgono addirittura i vecchi modelli di acculturazione, di contatto culturale e di commistione culturale, poiché forniscono anche nuovi materiali per costruire soggettività. Per esempio, il traffico di immagini di sofferenza globale crea nuove comunità affettive tenute insieme da un’empatia, un’immedesimazione e una rabbia che superano grandi distanze culturali. Lo dimostra la vicenda del velo islamico in Europa: quest’accessorio di abbigliamento, in se stesso assai differenziato a seconda delle varie regioni del mondo islamico, è divenuto un terreno di scontro per la scuola pubblica, la moda e le autorità dello Stato in paesi che in passato, come la Francia, non avevano proprio niente contro certi simboli esteriori di identità religiosa. In breve, ci dice Appadurai, “i flussi culturali globali hanno perso le caratteristiche selettive e ingombranti che hanno conservato tanto a lungo nella storia del genere umano, durante la quale molte società hanno trovato vari modi per accogliere sistemi di senso esterni entro le proprie cornici cosmologiche, e ciò facendo hanno prodotto cambiamenti per incidente dialettico e per accomodamento strutturale (Sahlins 1985). Oggi questi flussi culturali globali, siano essi religiosi, politici o di mercato, sono addirittura entrati nella produzione di soggettività locali, cambiando così sia i macchinari per la fabbricazione di senso locale, sia i materiali lavorati da quei macchinari”.
Analogamente, questo periodo è caratterizzato dal flusso non soltanto di sostanze culturali, ma anche di forme culturali, quali il romanzo, il balletto, le costituzioni in senso politico e il divorzio. Il flusso di queste forme ha influenzato grandi processi storici mondiali come il nazionalismo (Anderson 1993), ma oggi che intere discipline, tecniche e modi di pensare si spostano e subiscono trasformazioni, esso influenza anche la natura stessa della conoscenza. Alcuni esempi dei flussi globali di queste forme di conoscenza sono la diffusione dei giochi online in Cina o l’espansione del day-trading di prodotti finanziari nelle economie emergenti.
Ciò che qui importa è il rapporto fra forme di circolazione e circolazione delle forme. Così, forme quali il romanzo, il film e il giornale cartaceo possono fluire lungo circuiti ormai consolidati perché prodotti da circuiti preesistenti, come la religione, le migrazioni e il commercio. Invece altre forme culturali, quali il balletto, l’animazione, la fotografia di moda e l’attivismo politico di base danno vita a forme e circuiti circolatori nuovi, che prima non esistevano.
Nel XXI secolo assistiamo quindi a nuove tensioni fra le forme culturali effettivamente in circolazione e i circuiti o reti emergenti – in parte culturalmente determinati – che plasmano e governano i molteplici circuiti di circolazione.
Questa duplice struttura dei flussi culturali globali crea anche dei “dossi”, cioè degli ostacoli. Ad esempio, in alcuni Paesi lo Stato fa di tutto per ostacolare la diffusione di internet, rivendicando il diritto di regolamentare l’informazione e di far rispettare una certa morale sociale; allo stesso modo alcuni “movimenti” utilizzano tecniche di protesta e di comunicazione per contestare la legittimità dello Stato. E ancora: chi si oppone alla demolizione delle bidonville si avvale appieno della forza di alleati e circuiti globali per ostacolare lo sgombero degli abitanti delle bidonville da parte di amministrazioni locali e municipali. Infine, i paladini dei diritti delle donne conducono quotidianamente la loro battaglia contro chi utilizza circuiti culturali globali per sostenere e legittimare vedute opposte in nome del valore noto come differenza culturale (Keck e Sikkink 1998).
Insomma, gli odierni flussi culturali globali sono caratterizzati da una curiosa contraddizione interna: creano essi stessi alcuni degli ostacoli che intralciano la loro completa libertà di movimento, e così facendo sono essi stessi a regolare la facilità con cui varcano i confini culturali.
In una prospettiva storica di lungo periodo, e tenendo conto che nella storia umana vi sono sempre stati flussi, scambi e commistioni che varcano le frontiere culturali, nell’era della globalizzazione la novità più interessante è che la stessa dinamica produce sia i flussi culturali, sia gli ostacoli – i dossi e le cunette – che ne minacciano la libertà di movimento. Questa constatazione di fatto non mancherà di rassicurare quanti temono che questi flussi globali possano dar luogo a un regime culturale unico e omogeneo che finirebbe per ricoprire l’intera superficie del pianeta.
Sulla base di queste considerazioni ampiamente note nella saggistica mondiale, è sorta da tempo l’idea di analizzare e studiare i flussi giuridici e cioè la circolazione dei modelli giuridici e sociali. Si sa che la costruzione della normativa è fondata sulla logica almeno secondo la cosiddetta Western Legal Tradition; pur tuttavia, sempre seguendo le indicazioni di Appadurai, “l’emozione interpretativa interviene sulla stretta logica giuridica, il vissuto individuale si insinua nella lettura della logica normativa, così che se il “metodo” è comodo nella ripetitività quotidiana è “la percezione che ci dà la soluzione giusta”( Brian) e ci permette di cogliere le sottili differenze dando un senso ai concetti della responsabilità umana e della libertà di azione”.
Se l’emozione e l’empatia sono proprie e incancellabili nell’essere umano, consegue che la stessa estetica interviene nell’influenzare le decisioni predisponendo o all’opposto indisponendo al rapporto umano attraverso armonie/disarmonie e colori, ecco intervenire non solo la gravità delle forme architettoniche ma la loro neutralizzazione colorica attraverso neri e fondi grigi.
Si può così constatare che il sistema giuridico non rappresenta quello che effettivamente è la realtà degli altri sistemi sociali, ma quello che viene percepito e nell’agire su di esso crea l’effettività dell’interazione (Heisemberg), si parla pertanto di sistemi aperti e del loro interagire secondo regole proprie della teoria generale allargata ( von Bertalanffy). I sistemi chiusi presentano dispositivi fissati basati su principi generali derivanti da logiche del tipo retroattive, nelle dinamiche interne al sistema interviene una interazione dinamica di processi nella realizzazione dell’ordine, la difficoltà risiede non tanto nella regolazione del singolo sistema quanto nella comprensione delle dinamiche di sistema, se a questo aggiungiamo le problematiche derivanti dalla gestione delle emozioni quale ulteriore modello di adattabilità il quadro si complica; trovare le leggi che regolano i diversi livelli di organizzazione sociale e intervenire su di essi diventa quindi estremamente complesso, considerando che il sistema normativo è già di per sé stesso un sistema complesso aperto che deve intervenire su dinamiche di processi tra sistemi sociali.
La normativa viene a porsi tra un elemento quantitativo reiterante nei rapporti sociali e l’elemento qualitativo delle emozioni psicologiche, tra la possibilità di una analisi logica informatica e le sfumature delle reazioni psicologiche nelle zone di ombra dell’agire umano con il prevalere del vissuto individuale, come ci ricorda von Bertalanffy “ Se la quantificazione non è possibile, e persino se i componenti di un dato sistema sono mal definiti, ci si può per lo meno attendere che certi principi siano quantitativamente applicabili all’intero in quanto sistema. Può almeno essere possibile una spiegazione in via di principio” ( Teoria generale dei sistemi, 175, Mondadori, 2012).
In un sistema chiuso le differenze tenderanno a scomparire stabilizzandosi una omogeneità massima, interverrà una stasi per cui massima è la semplificazione regolamentare, tuttavia i sistemi sociali come quelli biologici non sono una macchina di Ashby, per cui il suo stato interno e lo stato circostante dell’ambiente definiscono in modo univoco lo stato successivo in cui verrà a trovarsi la macchina, in quanto vi sarà un evolversi verso crescenti stati di differenziazione propri dei sistemi aperti ne consegue una crescente complessità regolamentare. Vi è pertanto l’impossibilità di definire con modelli unici il sistema essendo le realtà ricomprese diverse, anche se subentra la necessità della semplificazione per comprenderne e pilotarne l’azione, ecco intervenire le teorie dei giochi, dell’informazione, delle decisioni, la matematica relazionale per la teoria delle reti e dei grafi, l’analisi dei fattori nei fenomeni della psicologia, la cibernetica per le catene causali circolari, tutte parti di una teoria generale dei sistemi in senso allargato. Nonostante le difficoltà di un valore esplicativo totale delle varie teorie esse modificano il “clima intellettuale che ci consente di vedere nuovi problemi i quali erano stati trascurati in epoche precedenti, o di vedere problemi in nuova luce, è, in un certo senso, più importante di ogni singola applicazione di tipo particolare” (von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi, 166, Mondadori, 2012).
La complessità dei flussi culturali globali ha avuto effetti profondi sulla produzione di località (Appadurai 1996) e di soggettività locale (Das 2007). Questi flussi e queste reti non si manifestano più soltanto nella rapida diffusione e adozione di elementi culturali provenienti da mondi culturali “altri”, che in passato erano più o meno separati. Oggi sconvolgono addirittura i vecchi modelli di acculturazione, di contatto culturale e di commistione culturale, poiché forniscono anche nuovi materiali per costruire soggettività. Per esempio, il traffico di immagini di sofferenza globale crea nuove comunità affettive tenute insieme da un’empatia, un’immedesimazione e una rabbia che superano grandi distanze culturali. Lo dimostra la vicenda del velo islamico in Europa: quest’accessorio di abbigliamento, in se stesso assai differenziato a seconda delle varie regioni del mondo islamico, è divenuto un terreno di scontro per la scuola pubblica, la moda e le autorità dello Stato in paesi che in passato, come la Francia, non avevano proprio niente contro certi simboli esteriori di identità religiosa. In breve, ci dice Appadurai, “i flussi culturali globali hanno perso le caratteristiche selettive e ingombranti che hanno conservato tanto a lungo nella storia del genere umano, durante la quale molte società hanno trovato vari modi per accogliere sistemi di senso esterni entro le proprie cornici cosmologiche, e ciò facendo hanno prodotto cambiamenti per incidente dialettico e per accomodamento strutturale (Sahlins 1985). Oggi questi flussi culturali globali, siano essi religiosi, politici o di mercato, sono addirittura entrati nella produzione di soggettività locali, cambiando così sia i macchinari per la fabbricazione di senso locale, sia i materiali lavorati da quei macchinari”.
Analogamente, questo periodo è caratterizzato dal flusso non soltanto di sostanze culturali, ma anche di forme culturali, quali il romanzo, il balletto, le costituzioni in senso politico e il divorzio. Il flusso di queste forme ha influenzato grandi processi storici mondiali come il nazionalismo (Anderson 1993), ma oggi che intere discipline, tecniche e modi di pensare si spostano e subiscono trasformazioni, esso influenza anche la natura stessa della conoscenza. Alcuni esempi dei flussi globali di queste forme di conoscenza sono la diffusione dei giochi online in Cina o l’espansione del day-trading di prodotti finanziari nelle economie emergenti.
Ciò che qui importa è il rapporto fra forme di circolazione e circolazione delle forme. Così, forme quali il romanzo, il film e il giornale cartaceo possono fluire lungo circuiti ormai consolidati perché prodotti da circuiti preesistenti, come la religione, le migrazioni e il commercio. Invece altre forme culturali, quali il balletto, l’animazione, la fotografia di moda e l’attivismo politico di base danno vita a forme e circuiti circolatori nuovi, che prima non esistevano.
Nel XXI secolo assistiamo quindi a nuove tensioni fra le forme culturali effettivamente in circolazione e i circuiti o reti emergenti – in parte culturalmente determinati – che plasmano e governano i molteplici circuiti di circolazione.
Questa duplice struttura dei flussi culturali globali crea anche dei “dossi”, cioè degli ostacoli. Ad esempio, in alcuni Paesi lo Stato fa di tutto per ostacolare la diffusione di internet, rivendicando il diritto di regolamentare l’informazione e di far rispettare una certa morale sociale; allo stesso modo alcuni “movimenti” utilizzano tecniche di protesta e di comunicazione per contestare la legittimità dello Stato. E ancora: chi si oppone alla demolizione delle bidonville si avvale appieno della forza di alleati e circuiti globali per ostacolare lo sgombero degli abitanti delle bidonville da parte di amministrazioni locali e municipali. Infine, i paladini dei diritti delle donne conducono quotidianamente la loro battaglia contro chi utilizza circuiti culturali globali per sostenere e legittimare vedute opposte in nome del valore noto come differenza culturale (Keck e Sikkink 1998).
Insomma, gli odierni flussi culturali globali sono caratterizzati da una curiosa contraddizione interna: creano essi stessi alcuni degli ostacoli che intralciano la loro completa libertà di movimento, e così facendo sono essi stessi a regolare la facilità con cui varcano i confini culturali.
In una prospettiva storica di lungo periodo, e tenendo conto che nella storia umana vi sono sempre stati flussi, scambi e commistioni che varcano le frontiere culturali, nell’era della globalizzazione la novità più interessante è che la stessa dinamica produce sia i flussi culturali, sia gli ostacoli – i dossi e le cunette – che ne minacciano la libertà di movimento. Questa constatazione di fatto non mancherà di rassicurare quanti temono che questi flussi globali possano dar luogo a un regime culturale unico e omogeneo che finirebbe per ricoprire l’intera superficie del pianeta.
Sulla base di queste considerazioni ampiamente note nella saggistica mondiale, è sorta da tempo l’idea di analizzare e studiare i flussi giuridici e cioè la circolazione dei modelli giuridici e sociali. Si sa che la costruzione della normativa è fondata sulla logica almeno secondo la cosiddetta Western Legal Tradition; pur tuttavia, sempre seguendo le indicazioni di Appadurai, “l’emozione interpretativa interviene sulla stretta logica giuridica, il vissuto individuale si insinua nella lettura della logica normativa, così che se il “metodo” è comodo nella ripetitività quotidiana è “la percezione che ci dà la soluzione giusta”( Brian) e ci permette di cogliere le sottili differenze dando un senso ai concetti della responsabilità umana e della libertà di azione”.
Se l’emozione e l’empatia sono proprie e incancellabili nell’essere umano, consegue che la stessa estetica interviene nell’influenzare le decisioni predisponendo o all’opposto indisponendo al rapporto umano attraverso armonie/disarmonie e colori, ecco intervenire non solo la gravità delle forme architettoniche ma la loro neutralizzazione colorica attraverso neri e fondi grigi.
Si può così constatare che il sistema giuridico non rappresenta quello che effettivamente è la realtà degli altri sistemi sociali, ma quello che viene percepito e nell’agire su di esso crea l’effettività dell’interazione (Heisemberg), si parla pertanto di sistemi aperti e del loro interagire secondo regole proprie della teoria generale allargata ( von Bertalanffy). I sistemi chiusi presentano dispositivi fissati basati su principi generali derivanti da logiche del tipo retroattive, nelle dinamiche interne al sistema interviene una interazione dinamica di processi nella realizzazione dell’ordine, la difficoltà risiede non tanto nella regolazione del singolo sistema quanto nella comprensione delle dinamiche di sistema, se a questo aggiungiamo le problematiche derivanti dalla gestione delle emozioni quale ulteriore modello di adattabilità il quadro si complica; trovare le leggi che regolano i diversi livelli di organizzazione sociale e intervenire su di essi diventa quindi estremamente complesso, considerando che il sistema normativo è già di per sé stesso un sistema complesso aperto che deve intervenire su dinamiche di processi tra sistemi sociali.
La normativa viene a porsi tra un elemento quantitativo reiterante nei rapporti sociali e l’elemento qualitativo delle emozioni psicologiche, tra la possibilità di una analisi logica informatica e le sfumature delle reazioni psicologiche nelle zone di ombra dell’agire umano con il prevalere del vissuto individuale, come ci ricorda von Bertalanffy “ Se la quantificazione non è possibile, e persino se i componenti di un dato sistema sono mal definiti, ci si può per lo meno attendere che certi principi siano quantitativamente applicabili all’intero in quanto sistema. Può almeno essere possibile una spiegazione in via di principio” ( Teoria generale dei sistemi, 175, Mondadori, 2012).
In un sistema chiuso le differenze tenderanno a scomparire stabilizzandosi una omogeneità massima, interverrà una stasi per cui massima è la semplificazione regolamentare, tuttavia i sistemi sociali come quelli biologici non sono una macchina di Ashby, per cui il suo stato interno e lo stato circostante dell’ambiente definiscono in modo univoco lo stato successivo in cui verrà a trovarsi la macchina, in quanto vi sarà un evolversi verso crescenti stati di differenziazione propri dei sistemi aperti ne consegue una crescente complessità regolamentare. Vi è pertanto l’impossibilità di definire con modelli unici il sistema essendo le realtà ricomprese diverse, anche se subentra la necessità della semplificazione per comprenderne e pilotarne l’azione, ecco intervenire le teorie dei giochi, dell’informazione, delle decisioni, la matematica relazionale per la teoria delle reti e dei grafi, l’analisi dei fattori nei fenomeni della psicologia, la cibernetica per le catene causali circolari, tutte parti di una teoria generale dei sistemi in senso allargato. Nonostante le difficoltà di un valore esplicativo totale delle varie teorie esse modificano il “clima intellettuale che ci consente di vedere nuovi problemi i quali erano stati trascurati in epoche precedenti, o di vedere problemi in nuova luce, è, in un certo senso, più importante di ogni singola applicazione di tipo particolare” (von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi, 166, Mondadori, 2012).
I profili di ricerca del dottorato
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Ciò posto lo scopo del dottorato di ricerca consiste nel cercare una spiegazione nuova alla teoria della circolazione dei sistemi giuridici e sociali (ivi compresi gli aspetti politici ed economici) valutando se sia possibile utilizzare le tecniche della dinamica dei sistemi.
La dinamica dei Sistemi costituisce un approccio alla comprensione del comportamento dei sistemi complessi nel corso del tempo. Ha a che vedere con gli anelli, o circuiti, di retroazione interna e i ritardi che incidono sul comportamento di tutto il sistema. Ciò che rende la dinamica dei sistemi diversa da altri approcci allo studio dei sistemi complessi è l'uso degli anelli di retroazione e dei livelli e flussi (nella Dinamica dei sistemi, i termini "livello" e "stock" possono considerarsi intercambiabili). Questi elementi aiutano a descrivere come anche sistemi apparentemente semplici esibiscono una non linearità sconcertante.
La dinamica dei sistemi consiste in una metodologia per la modellazione ed una tecnica di simulazione al computer per inquadrare, comprendere e discutere questioni e problemi complessi. Originariamente sviluppato nel 1950 per aiutare i manager aziendali a migliorare la loro comprensione dei processi industriali, la dinamica dei sistemi è attualmente utilizzata sia nel settore pubblico che in quello privato per l'analisi e la definizione delle policy. La dinamica dei sistemi è un aspetto della teoria dei sistemi come metodo per la comprensione del comportamento dinamico dei sistemi complessi. La base del metodo è il riconoscimento che la struttura di ogni sistema -le molte relazioni circolari, intrecciate e a volte ritardate esistenti tra le sue componenti- è spesso altrettanto importante nel determinare il suo comportamento quanto i singoli componenti stessi.
Esempi sono la teoria del caos e delle dinamiche sociali. Si è anche affermato che, poiché ci sono spesso proprietà del tutto (il sistema) che non possono essere ritrovate tra le proprietà degli elementi, in alcuni casi il comportamento del tutto non può essere spiegato in termini di comportamento delle parti.

L’analisi delle dinamiche nella circolazione dei modelli dovrebbe condurci alla realizzazione di diagrammi di flusso esplicativi della circolazione stessa e del successo di un dato modello piuttosto che di un altro anche al di là delle obsolete spiegazioni circa il “prestigio” o la presunta “efficienza economica” del modello stesso.
Contestualmente sarà un modo per validare le classificazioni e le tassonomie in genere, la teoria dei formanti e anche ricostruire, sia a livello macrocomparatistico che microcomparatistico l’evoluzione dei principali sistemi giuridici e sociali contemporanei, alla luce dei principi della Sistematica.
La dinamica dei Sistemi costituisce un approccio alla comprensione del comportamento dei sistemi complessi nel corso del tempo. Ha a che vedere con gli anelli, o circuiti, di retroazione interna e i ritardi che incidono sul comportamento di tutto il sistema. Ciò che rende la dinamica dei sistemi diversa da altri approcci allo studio dei sistemi complessi è l'uso degli anelli di retroazione e dei livelli e flussi (nella Dinamica dei sistemi, i termini "livello" e "stock" possono considerarsi intercambiabili). Questi elementi aiutano a descrivere come anche sistemi apparentemente semplici esibiscono una non linearità sconcertante.
La dinamica dei sistemi consiste in una metodologia per la modellazione ed una tecnica di simulazione al computer per inquadrare, comprendere e discutere questioni e problemi complessi. Originariamente sviluppato nel 1950 per aiutare i manager aziendali a migliorare la loro comprensione dei processi industriali, la dinamica dei sistemi è attualmente utilizzata sia nel settore pubblico che in quello privato per l'analisi e la definizione delle policy. La dinamica dei sistemi è un aspetto della teoria dei sistemi come metodo per la comprensione del comportamento dinamico dei sistemi complessi. La base del metodo è il riconoscimento che la struttura di ogni sistema -le molte relazioni circolari, intrecciate e a volte ritardate esistenti tra le sue componenti- è spesso altrettanto importante nel determinare il suo comportamento quanto i singoli componenti stessi.
Esempi sono la teoria del caos e delle dinamiche sociali. Si è anche affermato che, poiché ci sono spesso proprietà del tutto (il sistema) che non possono essere ritrovate tra le proprietà degli elementi, in alcuni casi il comportamento del tutto non può essere spiegato in termini di comportamento delle parti.

L’analisi delle dinamiche nella circolazione dei modelli dovrebbe condurci alla realizzazione di diagrammi di flusso esplicativi della circolazione stessa e del successo di un dato modello piuttosto che di un altro anche al di là delle obsolete spiegazioni circa il “prestigio” o la presunta “efficienza economica” del modello stesso.
Contestualmente sarà un modo per validare le classificazioni e le tassonomie in genere, la teoria dei formanti e anche ricostruire, sia a livello macrocomparatistico che microcomparatistico l’evoluzione dei principali sistemi giuridici e sociali contemporanei, alla luce dei principi della Sistematica.