Progetti per l'integrazione linguistica
"Quelli che per molti di noi, solo qualche decennio fa, erano volti e lingue
del tutto sconosciuti, dal sapore esotico, hanno oggi assunto le sembianze familiari
di qualcuno che entra nelle nostre case quotidianamente, che si siede
nei banchi con i nostri figli, che è vicino di letto a un nostro caro in ospedale:
una donna tamil, un bambino cinese, un uomo senegalese. Non dunque “extracomunitari”,
termine che segnala solo la nostra confusione e paura, piuttosto
uomini, donne, bambini, adolescenti, che hanno lingue, culture, sogni, gli
uni diversi dagli altri. Questo processo di messa a fuoco di suoni, occhi, storie
differenti è avvenuto in primo luogo nella scuola. È qui, nella frequentazione
quotidiana, che i bambini prima degli altri hanno imparato a chiamare
i compagni con nomi giudicati prima impronunciabili, hanno preso confidenza
con altri cibi ed odori, altri giochi e altre acconciature dei capelli. È un processo
che ha riguardato contemporaneamente gli insegnanti che hanno dovuto
in pochi anni colmare vuoti di formazione e di esperienza dando il meglio di
sé in sfide difficili. In luogo del generico e frustrante “non sa l’italiano” molti
ragionano ora di strategie e proposte utili per “un bambino neoarrivato”, o
di come operare “nella fase del silenzio” o in favore di chi è “in difficoltà con
la lingua dello studio”. Per molti versi si è ripetuto quanto già accaduto in Italia
negli anni ’60-’70 del secolo scorso quando, di fronte a nuovi arrivati, fossero
essi i figli degli emigrati meridionali o di braccianti e contadini
dialettofoni, una parte significativa della scuola e della università italiana ha
saputo mettere in campo grandi energie, entusiasmo e competenza professionale
perché gli orizzonti asfittici della didattica per “i pochi che già sanno”
si frantumassero lasciando il posto ad esperienze importanti e diffuse di pratiche
scolastiche inclusive e plurali. A circa cinquant’anni di distanza, e ricchi
anche di quella esperienza, delle polemiche di Don Milani e della poesia
di Mario Lodi, di fronte alla sfida di nuove alterità, frammento dopo frammento,
si sta costruendo un sapere condiviso che lega il mondo della ricerca
e della didattica. L’obiettivo è ancora una volta quello di mettere insieme i
saperi e le pratiche, la ricerca avanzata e la riflessione che proviene dalle
esperienze concrete, la capacità di guardare a ogni bambino singolarmente
preso e nello stesso tempo ai modelli teorici. Al centro ieri come oggi sono la
lingua e le lingue, il rapporto fra diversità e svantaggio, il diritto di ognuno
a capire e a farsi capire, la democrazia e i diritti di cittadinanza".
[…]
(dalla Prefazione di M. D’Agostino a Stranescuole. L’italiano per i nuovi arrivati e per tutti, a cura di Chiara Amoruso, Palermo 2012)