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ROSARIO SCADUTO

La protezione italiana dei resti archeologici dell’isola di Kos dai bombardamenti inglesi e saccheggi tedeschi della seconda guerra mondiale

Abstract

Nel corso della guerra italo-turca, per l’invasione della Libia, nel 1912, Roma prima occupò, e poi nel 1922, annesse l’isola di Rodi, posta di fronte la costa dell’Anatolia e altre isole del mare Egeo, fra le quali l’isola, chiamata dagli italiani, di Coo. Nella città di Rodi, il restauro dell’architettura medievale e protorinascimentale fu l’obiettivo politico culturale, funzionale ad acclarare la sua latinità. Invece nella città di Coo, della vicina omonima isola, la messa in luce dei resti archeologici serviva a dimostrare, la presenza, soprattutto, romana attraverso il lavoro degli archeologi, in collaborazione con gli architetti italiani, che negli scavi, redigevano i rilievi e i progetti di anastilosi, per i cantieri di restauro. Il terremoto del 1933 interruppe quest’attività, e impose anche il restauro del sito, realizzato in pochi anni, prima di potere continuare le esplorazioni archeologiche e le sistemazioni. La città di Coo, già nel 1934, si era dotata di un piano regolatore, basato sui resti dell’antica città, con i vincoli e previsione di nuovi edifici, come il museo archeologico. Il saggio intende indagare il lavoro degli archeologi, architetti e restauratori della Soprintendenza di Rodi, e particolarmente di Coo, che si adoperarono per proteggere i siti e i reperti archeologici (come colonne, capitelli, architravi, vasi, statue, ori), portandoli in rifugi ricavati tra le murature del castello o nascosti in trincee sottoterra, previo disegno di ogni luogo, con indicazioni della loro posizione e del contenuto. Tutto ciò secondo, la norma, del 6.7.1940, per la “Protezione delle cose d’interesse storico artistico e bibliografico della Nazione in caso di guerra”, del Ministero dell’Educazione Nazionale. Quando il 17.02.1941 Coo fu bombardata dagli aerei anglo americani, era in corso la protezione in rifugi dei reperti archeologici (25.2-24.3.1941), invece dopo l’8.9.1943, con l’armistizio, le truppe tedesche di stanza a Rodi cominciarono a saccheggiare quello che riuscivano a trovare di essi, ma la quota maggiore rimase custodita, grazie al lavoro degli impiegati italiani. Le truppe inglesi, che liberarono e occuparono Coo, lasciarono i reperti nei rifugi e nelle trincee nascoste. Gli italiani tennero nascosta la mappa con i depositi e trincee, sia durante l’occupazione tedesca che in quella alleata. Nel 1948 vi fu la consegna al Governo greco degli elenchi e mappa depositi, e solo nel 1952 vi fu l’apertura dei deposti e la consegna dei reperti a funzionari del Governo Greco, che poterono constatare l’esattezza di quanto dichiarato nei verbali. Una bella storia di tutela e restauro italiano, dove il disegno, oltre che a documentare gli scavi e i progetti di anastilosi è stato anche lo strumento fondamentale per proteggere il patrimonio archeologico, che certamente sarebbe andato disperso, ed invece è oggi conservato e mostrato nel museo di Kos.