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ROBERTO SCAFFARO

Plastica in mare: biodiversità della plastisfera

  • Authors: Laura Sciré Calabrisotto; Valentina Catania; Rosalia Riti; Ilenia Cruciata; Walter Arancio; Roberto Scaffaro; Paola Quatrini
  • Publication year: 2021
  • Type: Abstract in atti di convegno pubblicato in volume
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/518453

Abstract

La plastica costituisce la componente più abbondante dei rifiuti in ambiente marino. Le plastiche in mare sono colonizzate da biofilm microbici, denominati plastisfera, che possono comprendere patogeni, specie algali tossiche e invasive e, potenzialmente, organismi in grado di biodeteriorare e degradare le plastiche (Zettler et al. 2013). Lo scopo di questo lavoro è studiare e confrontare le comunità microbiche che colonizzano plastiche biodegradabili e non biodegradabili in ambiente marino. Un esperimento di esposizione di film plastici in ambiente marino portuale è stato allestito per studiare la diversità della plastisfera di alcune plastiche biodegradabili (Mater Bi e PLA-acido polilattico) e non biodegradabili (PET-polietilene tereftalato e HDPE-polietilene ad alta densità). I film plastici sono stati immersi nel bacino La Cala di Palermo in due siti a 2 e 9 metri di profondità e prelevati dopo una esposizione di uno e tre mesi. La biomassa microbica reclutata sulle plastiche è stata stimata al termine dei due periodi di esposizione mediante quantizzazione del DNA totale estratto e conte vitali. La struttura del biofilm è stata osservata attraverso microscopia elettronica a scansione (SEM). La diversità della componente coltivabile dopo tre mesi di esposizione è stata studiata mediante isolamento su terreni di coltura per batteri marini eterotrofi e sequenziamento del gene 16SrRNA. La biodiversità della comunità microbica totale delle plastiche esposte nel sito a maggiore profondità, meno soggette all’influenza della luce solare, è stata analizzata dopo un mese di esposizione mediante analisi dello spaziatore intergenico ribosomale procariotico ITS (Automated Ribsomal Intergenic Spacer Analysis-ARISA) e analisi metagenomica 16SrRNA (Next Generation Sequencing) dopo tre mesi di esposizione. Le potenzialità degradative delle comunità microbiche sono state valutate con analisi gravimetrica. Dopo un’esposizione di 1 e 3 mesi in ambiente marino si osserva un’elevata capacità di colonizzazione microbica su tutti i tipi di plastica ed una tendenza della carica batterica ad aumentare nel tempo. L’osservazione al SEM rivela la presenza di diatomee, strutture filamentose e cellule batteriche sulla superficie delle plastiche. Le plastiche biodegradabili ospitano un maggior numero di batteri coltivabili ed una maggiore biomassa rispetto alle non biodegradabili2. Gli isolati ottenuti dopo tre mesi di esposizione sono stati affiliati ai generi Pseudoalteromonas e Vibrio. L’analisi fingerprinting ARISA sul DNA totale estratto dai biofilm mostra alta beta diversità tra le comunità microbiche di plastiche diverse già dopo un mese di esposizione e maggiori livelli di alfa diversità delle comunità associate al Mater Bi. L’analisi metagenomica condotta sul biofilm adeso a Mater Bi e HDPE (rappresentativi rispettivamente delle plastiche biodegradabili e non biodegradabili) dopo tre mesi di esposizione in mare rivela comunità microbiche in parte differenti e un arricchimento di potenziali patogeni, in particolare delle famiglie Vibrionaceae e Flavobacteriaceae. Sul Mater Bi (bioplastica a base di amido di mais e oli vegetali), che dopo tre mesi di esposizione in mare mostra una perdita di peso del 25% circa rispetto al peso iniziale (Catania et al. 2019), risulta particolarmente abbondante la famiglia Cellvibrionaceae, che comprende membri in grado di degradare polisaccaridi e carboidrati complessi, quali cellulosa, agar, chitina, amido e che potrebbe avere un ruolo nella degradazione del Mater Bi in ambiente marino. I risultati mostrano che tutte le plastiche sono colonizzate da un biofilm microbico che tende ad aumentare in complessità e biomassa nel tempo. Le analisi colturali e molecolari suggeriscono che la struttura del biofilm e la composizione delle comunità microbiche che lo costituiscono sono in parte influenz