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LORENZO SALTARI

L'accesso alla dirigenza pubblica per concorso non conosce eccezioni : il commento

Abstract

L’Agenzia delle entrate, nell’ambito della sua autonomia organizzativa, può definire regole di accesso alle posizioni dirigenziali diverse da quelle incentrate sul concorso, valevoli nelle altre pubbliche amministrazioni? La pronuncia della Corte costituzionale in commento nega questa possibilità. I principi enunciati dal D.Lgs. n. 165/2001, fra i quali l’obbligo di svolgere concorsi aperti per l’accesso ai ruoli dirigenziali, sono pienamente vincolanti anche per questa figura organizzativa. Ne discende che l’autonomia di cui essa gode non è tale da consentirgli un deciso allontanamento da un modello di organizzazione e funzionamento burocratico. La riaffermazione della necessità del concorso offre le garanzie insite nel vincolo costituzionale. Essa, tuttavia, senza una declinazione specifica per l’apparato cui si riferisce, rischia di precludere alcune opportunità. Più in generale la vicenda pare un sintomo delle difficoltà nell’attecchimento della logica “Next steps” nel nostro sistema amministrativo. Essa dipende da un ritardo nella cultura giuridica, dalla resistenza al cambiamento oppure da contraddizioni presenti nella stessa istituzione di questa agenzia? Nel presente contributo si prova a dare risposta a questo interrogativo. Il caso presenta un altro profilo d’interesse. Esso concerne i dubbi sulla legittimità degli atti sottoscritti dai dirigenti decaduti perché divenuti tali non per concorso. Tali dubbi, sebbene siano stati fatti propri in alcune pronunce del giudice tributario, sono privi di fondamento. La disciplina fiscale, infatti, impone che gli accertamenti siano firmati almeno da un funzionario direttivo a ciò delegato. Questa condizione è rispettata come, peraltro, rilevato autorevolmente dalla Corte di Cassazione.