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DANIELA SANTORO

Medici del re nella Sicilia aragonese

Abstract

Dall'ipocondriaco Giacomo II a Martino I, tra XIV e XV secolo la casa aragonese-siciliana si caratterizza per un legame privilegiato ed esclusivo tra medico e sovrano. Uno scenario composto in prevalenza da medici famosi dell'Italia centro-settentrionale, professori di esperienza e saggezza che sono attirati a trasferirsi nell'isola, vista la scarsità quantitativa e qualitativa dei medici locali. Interessati a inserirsi nei gangli della vita di corte, i siciliani si mostrano abili a individuare le strategie migliori per tutelare e accrescere incarichi di prestigio, visibilità, privilegi: garantiti - in cambio di una disponibilità di capitali, fondamentale in periodi di scarsa liquidità - da re spesso fragili che, per governare, hanno bisogno di una rete di uomini fidati che oltre ad occuparsi della loro salute, sappiano capire i complessi meccanismi isolani. I giochi cambiavano con l’istituzione nel 1398, ad opera di Martino primogenito d’Aragona, del protomedicato, magistratura deputata a fare rispettare le norme relative all’esercizio della medicina e delle attività correlate, che si sarebbe rivelata un formidabile trampolino per le carriere dei medici al servizio dei re: a differenza però dei decenni precedenti, si trattava di una monarchia intenzionata ad esercitare un controllo totale sulla società isolana, consapevole dell’importanza dei processi di selezione e reclutamento della classe medica.