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ROBERTA TERESA DI ROSA

Mediazione interculturale: la cura della relazione con l'altro verso una condivisione della responsabilità sociale

Abstract

La mediazione tra culture, al di là delle frammentarie e variegate esperienze esistenti, rappresenta una risposta alla sfida posta alla nostra società dal pluralismo che sempre più caratterizza l’esperienza e la convivenza quotidiana. Tuttavia occorre ancora tenere presente che la mediazione, in generale, e quella interculturale, in particolare, sono concetti polisemici, i cui molteplici significati devono essere esplicitati e possono variare anche in base alle politiche di inserimento degli immigrati, attuate dal paese di accoglienza. A partire da una breve panoramica dei modelli “classici” di politiche di inserimento degli stranieri – attraverso il riferimento a caratteristiche prevalenti nell’esperienza storica di alcune nazioni europee – si presentano alcune riflessioni scaturite dall’osservazione delle prassi di mediazione tra culture come momento operativo ed esecutivo, per proporre, infine, una futura valorizzazione della stessa come strumento più complesso di intervento sociale, in considerazione delle sue potenzialità strategiche, e come risorsa progettuale nell’ideazione e programmazione dei servizi, nella promozione e attuazione delle politiche di inserimento, nella lotta alla disparità sociale. La sfida presentata già dall’attribuzione di significato al termine “intercultura”, e in particolare dalla sua concretizzazione in ambito politico e sociale attraverso interventi e servizi quali la mediazione, sembra richiedere alle politiche sociali relative all’inserimento degli stranieri un cambio di paradigma verso una configurazione relazionale in virtù della quale i soggetti della cittadinanza diventino le persone in quanto appartenenti a soggetti sociali – cioè con attenzione alle appartenenze socio-culturali viste non come caratteristiche particolaristiche negative, ma come elementi da valorizzare in quanto fattori di reperimento e mobilitazione di risorse e come sfere di coesione sociale capaci di produrre beni relazionali – in riferimento ad una diversa dimensione dell’agorà, luogo simbolico della democrazia, come uno spazio dove il conflitto viene affrontato dialogando e riconoscendo la legittimità di differenza e alterità.