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GAETANO ARMAO

Francesco Crispi e le riforme amministrative. Il primo intervento di riforma strutturale dello Stato unitario

Abstract

Il contributo analizza il rapporto tra le riforme propugnate dai Governi guidati da Francesco Crispi (ben quattro, tra il 1887 ed il 1891 e tra il 1894 ed 1896) ed il loro artefice, con uno sguardo d’insieme sul complesso processo di modernizzazione dell’Italia che si affacciava al “secolo breve” con un’organizzazione amministrativa arcaica. Partendo dalla formazione giuridica dello statista siciliano, dagli scritti giovanili, dall’attività professionale, dalla cultura risorgimentale e costituzionale che ne forgiarono la personalità e poi dall’attività rivoluzionaria e parlamentare, lo studio perlustra il variegato contesto nel quale proruppe quell’“impeto riformatore dell’amministrazione”. Le riforme crispine mutano strutturalmente l’organizzazione ministeriale e quella degli enti locali, ampliano le funzioni pubbliche, in particolare nel settore sociale e sanitario, introducono la tutela giurisdizionale nei confronti dell’amministrazione, si spingono sino a prospettare, ma queste resteranno proposte legislative che vedranno la luce con l’avvento della Repubblica, un riassetto dell’organizzazione territoriale in prospettiva regionale ed una riforma del sistema agrario. Una figura poliedrica e contraddittoria, quella di Crispi, decisamente orientata alla modernizzazione ed all’efficienza dello Stato liberale, espressione del rapporto sinergico tra cultura giuridico-amministrativa, esperienza ed impegno politico e tra questi ultimi e l’attività di governo. Piuttosto che una “seconda unificazione”, come se si fosse soltanto trattato di completare il processo di trasfusione dell’ordinamento sabaudo in quello dello Stato unitario avviato nel 1865, le riforme crispine costituiscono, invece, il primo e più profondo intervento di modifica strutturale dello Stato liberale attuato con una visione strategica e, seppur parzialmente, in breve tempo. La riemersione di una stagione proficua per riforme “di sistema” (a partire da quelle inserite nel PNRR, a quelle connesse al c.d. “regionalismo differenziato”, sino a quella sulla forma di governo, intorno ai quali si è aperto un serrato dibattito), se ne evidenzia l’ineludibilità per restituire competitività alla nostra Repubblica, deve indurre tuttavia a volgere lo sguardo anche a quel che è accaduto in passato, cogliendo esperienze e spunti più proficui per affrontare le sfide, le tensioni, le controspinte che le trasformazioni della democrazia impongono.