TECA 2
LA LAUREA IN GIURISPRUDENZA
Il 21 luglio del 1881, dopo avere terminato i propri studi universitari, Gaetano Mosca indirizza al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Palermo la «domanda per essere ammesso agli esami di Laurea in Giurisprudenza». Come risulta dal testo del documento redatto in carta da bollo da 50 centesimi, a tale domanda Mosca allega la documentazione che attesta il diritto all’esenzione del pagamento della tassa dell’esame di laurea nonché il libretto universitario su cui sono stati annotati «i risultati ottenuti negli esami» e «l’originale della licenza liceale» [FOTO_T2A]. La richiesta di esenzione sarà accolta lo stesso giorno degli esami di laurea. A tergo del foglio contenente l’istanza rivolta al Rettore, infatti, il Direttore della Segreteria, Salvatore Pitino, ha appuntato che «Il Congresso del Consiglio Accademico del dì 29 luglio 1881» ha concesso «la franchigia della tassa pel Diploma di Laurea in Giurisprudenza».
Il verbale dell’esame di laurea del 29 luglio 1881 [FOTO_T2B] ci fa sapere che la «Commessione» presieduta da Giovanni Bruno (1818-1891), all’epoca preside della Facoltà di Giurisprudenza – noto liberista intransigente, allievo di Francesco Ferrara (1810-1900) – era composta anche da Giuseppe Pagano (ordinario di Diritto costituzionale), Gaetano Sangiorgi (ordinario di Diritto amministrativo), Francesco Agnetta di Gentile (incaricato di Diritto internazionale) e dall’avvocato Vincenzo Albani. Il Regolamento generale universitario approvato con Regio Decreto n. 3434/1876 aveva stabilito che l’esame di laurea consistesse «in una disputa intorno ad una dissertazione scritta liberamente dal candidato sopra un tema da lui scelto nelle materie delle quali ha dato saggio negli esami speciali». Dal verbale risulta che questa disputa durò «per lo spazio di tre quarti d’ora» e che alla fine della discussione l’esame fu «approvato col massimo dei punti». Sulla parte sinistra del foglio si legge anche l’appunto che informa dell’avvenuta spedizione a Mosca del Diploma di Laurea in Giurisprudenza in ossequio a quanto disposto dal Direttore della Segreteria, Salvatore Pitino, come risulta da un’annotazione di suo pugno datata 4 agosto 1881.
Nel fascicolo dello studente Mosca si conserva anche una copia manoscritta della tesi di laurea in Diritto pubblico dal titolo I Fattori della Nazionalità [FOTO_T2C]. Il documento si compone di 12 fogli protocollo scritti su entrambe le facciate. Il testo di questa tesi fu pubblicato da Mosca il 16 febbraio 1882 (con minime modifiche consistenti nell’aggiunta di due note esplicative e nella revisione di pochi periodi) sul volume XXVII della Rivista Europea, un periodico di respiro internazionale. Su questo argomento, oggetto di un intenso dibattito nell’Europa del tempo, il filosofo e storico francese Ernest Renan (1823-1892) avrebbe basato la nota conferenza tenuta alla Sorbona nel marzo del 1882 sul tema Qu’est-ce qu’une nation? (Che cos’è una nazione?), nella quale avrebbe legato il concetto di nazione al principio spirituale e al risultato di «complicazioni profonde della Storia».
All’inizio del lavoro di tesi, con un rigoroso metodo positivistico, Mosca spiega gli obiettivi del suo studio incentrato sui fattori che possono determinare la nazionalità, in particolare sull’esame delle regole «più comuni e importanti che determinarono l’aggrupparsi delle genti in nazioni». La divisione in nazioni, come egli chiarisce, si sarebbe determinata gradualmente, seguendo il cammino dell’umanità verso la civiltà. Mosca osserva che gli individui che compongono la nazione hanno «somiglianze di idee di sentimenti di costumi» che costituiscono speciali qualità della nazione. Nel contestare coloro che identificano lo spirito della nazione in un’emanazione della ‘razza’, rileva che le qualità speciali non possono essere conseguenza di una razza trasmessa per eredità. Contro questa opinione egli scrive: «[questi] non riflettono sopra un fatto molto peregrino, ed è che molte classi d’individui senza che l’eredità o la razza vi entrino per nulla, per la ragione della somiglianza d’educazione, e perché si sono in ambienti che son loro speciali, acquistano una somiglianza morale ed intellettuale, o meglio ciò che si dice uno spirito proprio».
Che l’eredità non influenzi affatto lo spirito proprio di una classe sociale sarebbe testimoniato d’altra parte dallo scambio continuo di individui che passano da una classe a un’altra: per esempio individui delle classi più basse che dopo essersi ‘infiltrati’ nelle alte classi come parvenu finiscono, nella seconda generazione, per acquisire «gusti e inclinazioni» dello spirito della classe dove sono entrati. Mosca rammenta ancora che in alcuni popoli il sangue si è rinnovato «incessantemente», la razza si è modificata «profondamente» e tuttavia lo spirito nazionale è rimasto immutato. Mette in guardia, pertanto, dalle esagerazioni di chi attribuisce eccessiva importanza all’identità della ‘razza’ sostenendo l’opportunità di distruggere il principio che pone la differenza di razza come «causa vera del nascere delle nazionalità». Una volta che la nazione si è formata, l’identità del carattere nazionale fra i popoli che la compongono non ha infatti origine nell’affinità degli elementi etnici, ma piuttosto nell’eguaglianza delle vicende storiche.
La versione manoscritta della tesi, senza le piccole modifiche che Mosca apportò al testo pubblicato nel 1882, è stata data alle stampe nel 1986 nella sezione Documenti dei Nuovi quaderni del Meridione» (vol. 24, pp. 93-110) da Francesco Brancato (1913-2002), ordinario di Storia del Risorgimento nell’Ateneo palermitano.