La catacomba di Villagrazia di Carini e il problema della ecclesia carinensis. I risultati delle recenti esplorazioni.
- Autori: CARRA RM; CAVALLARO N; CIPRIANO G; FALZONE G; MORFINO D; VITALE E
- Anno di pubblicazione: 2007
- Tipologia: Proceedings
- Parole Chiave: scavo archeologico; catacomba paleocristiana; arcosoli; formae; tombe a mensa; loculi; sviluppo topografico
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/8103
Abstract
CARRA R.M, CAVALLARO N, CIPRIANO G, FALZONE G, MORFINO D, VITALE E (2007). La catacomba di Villagrazia di Carini e il problema dell''ecclesia carinensis. I risultati delle recenti esplorazioni. In: CARRA R.M., VITALE E. A CURA DI. La cristianizzazione in Italia fra tardo antico ed altomedioevo. vol. II, p. 1837-1923, PALERMO:Carlo Saladino Editore, ISBN: 978-88-95346-08-3 EMMA VITALE LO SCAVO DELLE GALLERIE VII-XIII, PP. 1856-1867 Il contributo presenta i risultati delle campagne di scavo nel cimitero ipogeo di Villagrazia di Carini dal 2000 al 2006, e gli esiti dell’analisi strutturale condotta in tutti i settori in cui l’indagine archeologica è stata completata. Tutto il cimitero, all’inizio delle esplorazioni, si presentava completamente ostruito da spessi strati di riempimento alluvionale provenienti dal vicino Torrente delle Grazie, il cui alveo fu cementificato verso la fine degli anni Ottanta del Novecento. Le gallerie VII-XIII costituiscono una lunga arteria Nord-Sud da cui diramano tutti gli altri settori del cimitero finora indagati. All’incrocio dei corridoi si trovano ampi lucernai, che in antico fornivano aria e luce all’area funeraria; da qui, dopo l’abbandono della catacomba, si sono infiltrati gli strati di riempimento che hanno completamente invaso tutto il monumento fino all’inizio dell’esplorazione archeologica, promossa a partire dall’anno 2000 dalla Cattedra di Archeologia Cristiana dell’Università di Palermo e dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Lo scavo ha determinato la rimozione di tutti gli interri alluvionali fino a mettere in luce per intero, nei settori VII-XIII, tutte le sepolture parietali e, in alcuni punti, i livelli pavimentali. Per la prima volta è stato, così, possibile procedere alla classificazione delle sepolture parietali e pavimentali secondo gli attuali criteri tipologici, facenti essenzialmente riferimento alla ricchissima documentazione presente nei cimiteri di Roma e del Lazio. I tipi funerari individuati sono: 1) l’arcosolio per adulto, con un numero di arche (fosse) al suo interno variabile da 1 (arcosolio monosomo) a più di 3 (polisomo); 2) l’arcosolio per infante e per bambino, di norma monosomo e spesso dotato di una ricca decorazione ad affresco; 3) la tomba “a mensa”, in cui la nicchia che sormonta la fossa è di taglio arcuato; 4) il loculo, attestato a Villagrazia in un numero esiguo casi; 5) la fossa terragna o forma, scavata nel piano pavimentale delle gallerie e chiusa da due-tre lastroni di calcarenite ricoperti da diversi strati di intonaco sempre più diluito ed accuratamente lisciato al fine di preservare al meglio la deposizione dall’umidità e dall’usura dei passi dei frequentatori del cimitero. La Galleria X, in particolare, si è rivelata di particolare importanza sia sotto il profilo topografico che per l’aspetto progettuale. In continuazione della GVII, questo corridoio costituisce l’asse portante della catacomba, come rivela il suo impianto generale contraddistinto dalla regolarità e dallo sfruttamento ordinato e razionale degli spazi, che si riassume nelle caratteristiche qui di seguito elencate: 1) Presenza di grandi arcosoli monumentali ad altezza d’uomo simmetricamente affrontati lungo entrambe le pareti della galleria, e di arcosoli più piccoli, destinati a sepolture di bambini, nei diaframmi di roccia in alto vicino alla volta. 2) Coppie di arcosoli per bambini in pile ordinate di due o tre, specialmente presso gli spigoli della galleria. 3) Ricerca di nuovi spazi nel rispetto dell’impianto originario, mediante la trasformazione di alcuni arcosoli in cubicoli, spazi privatizzati per una committenza privilegiata. 4) Superfici lisciate o scolpite (ghiere) per ricevere una decorazione dipinta o un rivestimento parietale; segni incisi direttamente sulla parete rocciosa. La GX, obliterata per secoli da forti interri alluvionali