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CALOGERO VINCI

Le coperture lignee della Cattedrale di Palermo. Conoscenza e valorizzazione compatibile

Abstract

Le coperture dei grandi edifici monumentali, proprio per la loro unicità, sono spesso caratterizzate da soluzioni costruttive originali; a differenza delle porzioni murarie, l’uso quasi esclusivo del legno per la realizzazione delle membrature principali - almeno fino all’avvento del ferro a metà del XIX secolo - ha inoltre determinato un continuo processo di aggiornamento tecnologico riferibile sia alla naturale obsolescenza degli elementi costruttivi, sia ad eventi catastrofici, primi tra tutti gli incendi. Nelle grandi cattedrali, ad esempio, queste trasformazioni sono in molti casi testimoniate in modo manifesto in quella porzione privilegiata, invisibile e fragile dello spazio architettonico e costruito celata al di sopra delle volte delle navate. Questo è anche il caso della Cattedrale di Palermo; il Tempio primigenio, risalente al periodo successivo all’Editto di Costantino, venne ricostruito al tempo di Gregorio Magno, convertito al culto islamico dopo la conquista araba, successivamente riconsacrato al culto cristiano sotto il regno normanno degli Altavilla e ancora riedificato. Se l’impianto planimetrico si stabilizza così nella configurazione che permarrà fino alla metà del XVIII secolo, le coperture delle navate continueranno a subire diverse modifiche. Tra queste, quelle più radicali furono concepite e realizzate nel Settecento: il progetto originario dell’architetto camerale F. Fuga (1767), modificato e diretto (1781) da G. V. Marvuglia e S. Attinelli, trasformò la copertura della navata centrale, costituita in origine da incavallature lignee, con l’introduzione della cupola e del transetto; l’originale tetto dromico, riccamente decorato e originariamente a vista, venne smontato; il nuovo sistema di copertura a capriate, parzialmente realizzate con elementi recuperati e riassemblati con soluzioni originali, fu definitivamente celato dalla nuova volta che ha nascosto e allo stesso tempo preservato i brani di un racconto ancora da interpretare.