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ORNELLA SPATARO

Autorità amministrative indipendenti e istituzioni politiche: questioni problematiche

Abstract

Le Autorità indipendenti rappresentano un modello di regolazione estraneo alla tradizione giuridica italiana, e, per questo, la loro collocazione ordinamentale ha suscitato, e continua a suscitare, dubbi e incertezze, riproponendo questioni fondamentali che appaiono tutt’altro che sopite. Inoltre, le dinamiche connesse al funzionamento delle Autorità indipendenti hanno evidenziato una notevole capacità evolutiva, per cui il loro ruolo ha conosciuto importanti mutamenti, assumendo caratteristiche diverse rispetto al funzionamento della forma di governo, e comportando nuovi assetti nelle relazioni con gli organi della legislazione, oltre che con gli organi della giurisdizione. Autonomia funzionale, neutralità e indipendenza, infatti, non significano separazione assoluta dal circuito dell’indirizzo politico, con cui le decisioni delle Autorità si interfacciano necessariamente: le decisioni delle Autorità, pur essendo adottate al di fuori della logica partitica, concorrono a formare l’ordinamento giuridico, non solo con la produzione di atti riconducibili al “soft law”, ma anche attraverso una partecipazione concreta alla determinazione dell’indirizzo politico-normativo nei singoli settori di riferimento. Le Autorità indipendenti esercitano un coacervo eterogeneo di competenze, alcune tipicamente amministrative, alcune integrano funzioni decisorie, mentre, in altri casi, le loro competenze sfociano nella produzione di norme giuridiche. Ciò determina che esse, sottraendo quote significative di attività agli organi dell’indirizzo politico come a quelli della giurisdizione, si inseriscono nei poteri decisionali in cui si articola l’apparato statale di vertice, di cui costituiscono un versante strutturale indefettibile sul versante della costituzione materiale. Le Autorità indipendenti vengono così ad occupare vere e proprie porzioni di statualità, non più comprese nel tradizionale modello parlamentare. Alla base del fenomeno si può invero individuare l’insufficienza del sistema classico di ripartizione dei poteri dinanzi a questioni nuove, in cui l’elevato tecnicismo incrocia le problematiche dei diritti fondamentali, proiettati sullo sfondo di scenari economici e giuridici animati da logiche fortemente evolutive. Ciò testimonia che l’ordinamento statuale, così come si è evoluto secondo gli schemi della democrazia rappresentativa, ha perso ogni pretesa di esaustività dinanzi all’esperienza dei mercati e all’evoluzione dei diritti; di qui l’esigenza di tracciare nuove modalità organizzative che esulino dai cicli tradizionali dell’indirizzo e della responsabilità politica: la struttura della costituzione materiale ha ormai incorporato un tipo di regolazione che la democrazia rappresentativa, non disponendo degli strumenti idonei a garantire il corretto funzionamento di ordinamenti sezionali complessi, non può esprimere. In questa prospettiva, la legittimazione delle Autorità, sulla base dei canoni di democrazia procedimentale che informano lo svolgimento delle loro funzioni, potrebbe rintracciarsi con riferimento a formule costituzionali diverse, rispondenti agli schemi della democrazia partecipativa o deliberativa, che fondano modelli democratici alternativi a quello costruito sulla rappresentanza politica.