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LUCIANO SESTA

Aidòs. Percorsi di etica del limite

Abstract

Come già Platone intuì con il mito di Protagora, la tecnica è figlia della finitezza. C’è tecnica, infatti, lì dove c’è bisogno di migliorare; ma lo stesso bisogno di migliorare è segno che non c’è ancora compimento. Nel crescente darsi da fare della tecnologia per strappare alla vita la sua imperfezione si nasconde così uno strano paradosso: lo scopo della tecnica non può che essere il proprio togliersi. Solo lì dove non ci sarà più tecnica, infatti, potrà esserci quella pienezza a cui l’uomo, tramite la tecnica, aspira. Ne consegue che il progresso qualitativo e quantitativo della tecnologia, lungi dall’avvicinarci gradualmente a un ultimo limite che sarà finalmente superato, è cifra di un’approssimazione che non può far altro che spostarlo, scontandone per ciò stesso la costitutiva insuperabilità. I saggi raccolti nel presente volume assumono questa insuperabilità in chiave etica e antropologica, con particolare riferimento ai problemi che oggi derivano dal progresso della scienza, dalle applicazioni della tecnologia (soprattutto medica), e dai processi di globalizzazione, su scala mondiale, dello stile di vita occidentale. Il Leitmotiv che guida le riflessioni proposte è la figura del limite riconosciuto, intendendo con questa formula il punto precario in cui libertà e responsabilità si incontrano, sia a livello individuale sia a livello sociale, dando luogo a un agire che fa dell’aidòs, l’antico ritegno di fronte alla tentazione della hybris, la cifra paradigmatica di un’etica per la civiltà della tecnica.