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FRANCESCO SCAGLIONE

La lingua franca del Mediterraneo ieri e oggi. Assetto storico-sociolinguistico, influenze italoromanze, ‘nuovi usi’

Abstract

Il contributo si sofferma sull’antica lingua franca del Mediterraneo (LFM) conosciuta e parlata lungo le coste nordafricane e nei porti del Mediterraneo tra il XVI e il XIX secolo. Questa "Notsprache" (Schuchardt 2009 [1909], 9) – ‘lingua di necessità’ parlata in ambito commerciale, ma anche da pirati, schiavi, intellettuali e in ambienti diplomatici –, che raccoglie e fonde elementi dei diversi idiomi dello spazio del "Mare Nostrum" (portoghese, spagnolo, catalano, francese, provenzale, italiano e dialetti italo-romanzi, arabo, turco), testimonia e “racconta” le vicende e i processi socio-culturali e linguistici della “civiltà mediterranea” dei secoli più recenti. Il contributo mira a tracciare un quadro sociolinguistico sulla genesi e l’evoluzione della lingua franca, fino ai mutamenti storico-sociali che, verso la fine dell’800, ne determinarono l’estinzione. Ci si concentrerà, inoltre, sulle caratteristiche che accomunano la lingua franca ai pidgin e sugli aspetti che la rendono invece un unicum nella storia linguistico-culturale del Mediterraneo. Fornito il quadro sociolinguistico, si passerà alla analisi delle strutture e del lessico e, in quest’ultimo caso, saranno considerate in special modo le possibili influenze italoromanze provenienti dai dialetti (soprattutto quelli meridionali e il siciliano), sulla base della fonte scritta più autorevole e completa: il "Dictionnaire de La Langue Franque ou Petit Mauresque". Si tratta di un dizionario bilingue (Francese-Lingua Franca), di autore anonimo, che venne pubblicato nel 1830 con la funzione di vademecum linguistico per i soldati francesi alla conquista di Algeri (in quel tempo sotto il dominio ottomano). Esso testimonia la fase finale della lingua franca già conosciuta e designata, a quella altezza cronologica, con il nome di sabir. Oggi questa lingua è del tutto estinta, ma i suoi echi, il suo potere evocativo, la sua capacità di richiamare implicitamente un sincretismo di popoli, lingue e culture, lasciano tracce più o meno persistenti in nuovi ambiti d’uso (la crematonimia – i nomi degli esercizi commerciali –, la letteratura, la canzone, il teatro), analogamente a quanto avviene per i dialetti nell’era della neodialettalità.