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NICOLA ROMANA

L’età dei diritti al tempo del Covid-19: alcune riflessioni sull’incidenza della pandemia nella tutela interna e internazionale dei diritti fondamentali dell’uomo

Abstract

L’età dei diritti rappresenta uno dei punti più alti dell’evoluzione della civiltà giuridica occidentale: dopo l’affermazione dello Stato liberale di diritto con le libertà negative e la successiva affermazione dello Stato sociale con i diritti in positivo (diritti sociali), soprattutto l'istituzione dell’Onu ha determinato la cd. internazionalizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo, con una progressiva erosione dela sovranità statale in questa materia, ad opera di molte convenzioni internazionali a carattere universale e regionale, tra cui la CEDU. Ad oggi, la convivenza tra le libertà in negativo (tra cui la libertà personale, la libertà di riunione, la libertà di movimento) e i cd diritti sociali (diritto all’istruzione, diritto al lavoro, diritto alla salute) si è retta su un faticoso bilanciamento ed equilibrio degli stessi, ad opera sia delle corti internazionali che, soprattutto in Italia, per l’intervento costante e mirato della Corte Costituzionale. L’improvvisa diffusione mondiale della pandemia Covid-19 ha determinato, in Occidente, una rottura di questo fragile equilibrio, con molti governi nazionali, tra cui quello italiano, che hanno limitato e limitano ancora le libertà personali (in Italia soprattutto la libera circolazione garantita dall'articolo 16 Cost.) per la salvaguardia di un diritto ritenuto irrinunciabile e prevalente: la salute pubblica. La pandemia che oggi vede l’umanità afflitta da costrizioni, imposizioni, limitazioni può, tuttavia, rappresentare un punto di svolta positivo per l'Occidente: risolvere definitivamente il contrasto libertà/diritti sociali, che è poi il riflesso del contrasto individualismo/collettivismo, o se si vuole liberismo/socialismo, e realizzare dunque un equilibrio stabile e duraturo in cui i diritti sociali assumano il rango di parametro di valutazione delle libertà.