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DARIO RUSSO

Musìta. Un oggetto inebriante

Abstract

Dal Rinascimento in poi – che ci piaccia o no – l’Italia ha cessato la sua funzione di faro culturale dell’Occidente. Negli ultimi tempi, in seguito alla crisi economica che ancora ci attanaglia, le cose sono precipitate verso un basso, ben al di là del fondo, nel quale appena trent’anni fa nessuno avrebbe mai immaginato di scavare. Eppure, nel mondo, si riconoscono all’Italia tre primati, nel design, nella moda e nel cibo: le tre “A” italiane (Arredamento, Abbigliamento, Agro-alimentare) ovvero le tre “F” inglesi (Furniture, Fashion, Food). In particolare, in Sicilia, nonostante l’esportazione di un Versace e di ½ Dolce & Gabbana (per quanto riguarda la moda) e di una millenaria cultura materiale senza però un vero sistema industriale (per quanto riguarda il design), il settore che ha sempre dato grandi soddisfazioni è quello agro-alimentare: la straordinaria qualità del cibo legata all’altrettanto straordinaria qualità climatica dell’isola. In questo settore policromo e variegato, che insieme ai Beni Culturali e Paesaggistici rappresenta l’intrinseca ricchezza di questa terra e una concreta opportunità di rinascita economica (e più in generale culturale), i vini siciliani nell’ultimo ventennio hanno fatto un salto qualitativo, con produzioni biologiche e di provenienza certificata, riscuotendo grande successo. In quest'ambito, spicca la giovane azienda vinicola Musìta, con tre brand di prodotto, già apprezzata all’estero e vincitrice di prestigiosi premi internazionali, che si apre al mondo del design per vocazione spontanea e scelta programmatica.