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MARCO PAPASIDERO

Il culto "idolatrico" cristiano medievale: il caso di santa Fede a Conques

Abstract

Il saggio ha l’obiettivo di porre l’attenzione sulla relazione – e la continuità – esistente tra culto pagano e Cristianesimo, sottolineando come siano evidenti una serie di similarità tra le due dimensioni. Dopo una breve introduzione che chiarisce i caratteri dell’idolatria, il caso analizzato è quello di santa Fede a Conques, martire del III sec., il cui Liber miraculorum, scritto da Bernardo d’Angers nell’XI sec. e ampliato poi da mani successive, riporta i miracoli da lei operati. Il culto di santa Fede risulta quanto più significativo in forza di una serie di caratteristiche peculiari: in primis il 'carattere' della santa, che pretende e ottiene dai suoi devoti la consegna dei loro oggetti d’oro, manifestandosi prevalentemente attraverso sogni e apparizioni; quindi la ricchezza del culto stesso, il cui mezzo è il preziosissimo simulacro noto come la Maestà di santa Fede e tuttora esistente, alla cui vista lo stesso Bernardo manifesta serie perplessità, considerandolo estremamente simile a un idolo pagano. L’autore del Liber poi si ricrede, venendo a conoscenza dei tanti prodigi operati. La strada della similarità con il culto pagano è altresì corroborata da un confronto effettuato con una fonte classica. Il testo di cui ci si serve è tratto dalla citazione che Cicerone, nel De divinatione, fa di un passo di Celso, nel quale racconta un aneddoto relativo ad Annibale, accaduto presso il tempio di Giunone sul promontorio Lacinio (oggi Capo Colonna). Il comportamento della santa e quello della divinità pagana appaiono particolarmente affini e comparabili, in quanto entrambe difendono il proprio oro in modo convincente e ricorrendo alla forza.