Scene di vita quotidiana tra abitudine e crudeltà: Il malinteso di Albert Camus nella regia di Vito Pandolfi
- Authors: Chiara Pasanisi
- Publication year: 2019
- Type: Articolo in rivista
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/671931
Abstract
Le Malentendu (1943) è l’esordio teatrale di Albert Camus. La protagonista dell’intreccio è Marta che, insieme all’anziana madre, gestisce un albergo in Boemia e uccide i propri clienti per derubarli. L’assassinio dei viandati costituisce un caposaldo della routine delle due donne, fino a quando non si verifica l’omicidio di Jan, un cliente dell’albergo sotto mentite spoglie che si rivela essere il loro figlio e fratello. Il tragico malinteso rompe la ripetizione di eventi che scandisce l’esistenza della coppia di assassine, sovvertendo sia l’articolazione della loro vita quotidiana sia la loro relazione interpersonale. Questo studio si prefigge di analizzare il significato che Camus attribuisce alla quotidianità, prendendo in esame la prima rappresentazione del dramma sulle scene italiane, realizzata da Vito Pandolfi (1917-1974) nel 1950, in cui emerge il rapporto contrastante che Marta ha con la vita quotidiana e il suo conseguente desiderio di fuga verso un luogo immaginifico e utopico. Camus “si rifà all’essenzialità strutturale della tragedia greca” (Davico Bonino 1960, ed. 2000), deviando in parte dai canoni aristotelici, poiché preferisce agli eroi figure comuni, due “donne quotidiane” che sembrano mutuate dal dramma borghese. Il realismo scenico ottocentesco prevede sovente che i personaggi siano protagonisti di scene di vita domestica, rivelandosi artefici e vittime della routine e della sua ripetitività: che valore assume invece la routine nel dramma di Camus? Quali sono i suoi esiti da un punto di vista drammaturgico e scenico? In che modo il desiderio di fuga dal quotidiano orienta l’agire di Marta e la costringe, infine, a misurarsi con l’assurdo che caratterizza l’esistenza umana? Si tenterà di rispondere a questi interrogativi e di indagare in particolar modo la codificazione scenica della quotidianità, vagliando le scelte registiche di Pandolfi per comprendere come prendono forma i gesti che scandiscono l’esistenza di Marta e della madre.