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STEFANO MONTES

La comparazione come prospettiva di analisi antropologica. Architettura, gastronomia e letteratura

Abstract

Che vuol dire comparare? Come si compara? Con quali strumenti? È da anni che lo faccio: comparare. In diversi campi, in diverse situazioni. Eppure, una volta posto il problema in astratto, in quanto elemento puramente teorico, ho sentito il fastidioso peso dell’interrogazione: una interrogazione che tende a trasformarsi in smania di definizione, in assillo di conclusione. E io amo i processi, il divenire, le trasformazioni, l’imprevisto! Allora, più convenientemente, ho rimodulato la prospettiva: ho preso come origine permeabile del mio discorso sulla comparazione il fluire della vita stessa. Mi sono dunque immerso nell’irrequietudine di una notte insonne per mettere in pratica un fitto va e vieni tra presente e passato, tra i miei interessi d’oggi e quelli di una volta, tra la mia stessa esistenza di docente d’ora a Palermo e di studente in Francia allora. Così, quasi a mia insaputa, tre ordini discorsivi si sono imposti: l’architettura, la gastronomia, la letteratura. Ho comparato questi tre ‘ordini discorsivi’ difendendo l’ipotesi secondo cui comparare è – dovrebbe essere – un processo sempre irrisolto attraverso cui non si mettono a fronte soltanto due realtà distinte ma, anche, gli interstizi che tendono a prendere il volo nel processo stesso del comparare, nella trasformazione inevitabile dell’enunciazione in enunciato.