Aki Kaurismäki e i linguaggi della migrazione
- Authors: Montes Stefano
- Publication year: 2017
- Type: Articolo in rivista (Articolo in rivista)
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/318721
Abstract
Parlo, in questo saggio, di un regista finlandese e del suo modo di vedere la migrazione al cinema. Parlando di cinema e di un regista, però, introduco inoltre, in un rimando continuo e vertiginoso, il mio punto di vista di antropologo del linguaggio e del posto che potrebbe – dovrebbe – occupare la riflessione sulla migrazione in una prospettiva in cui i linguaggi sono pragmaticamente posti in primo piano. Una questione è centrale: più che di antropologia del linguaggio, si dovrebbe parlare di antropologia dei linguaggi allo scopo di spostare l’accento dalla singolarità di un unico linguaggio alla loro inevitabile pluralità , oltre che sulla loro incessante traduzione in quanto elemento cardine per la resa della realtà . A proposito di migranti e della loro condizione reale, criticando apertamente alcuni linguaggi dei media, metto allo stesso tempo in dubbio la loro incessante amplificazione di una ‘situazione di frontiera’ e il loro uso omogeneizzante di forme di categorizzazione stereotipate e falsamente neutralizzanti la prospettiva d’origine. In chiave antropologica – di antropologia dei linguaggi – dialogo e traduzione sono invece processi che valgono in opposizione a un punto di vista mediatico che vede nell’accostamento di linguaggio/pensiero/azione una triangolazione, un rinvio diretto dall’uno all’altro. Il rimando ai linguaggi e alla traduzione, nel mio caso, è perciò fondato su un principio di valorizzazione insito nella varietà delle pratiche: del pensare e del vivere. In sostanza, per semplificare, credo nell’enunciare le possibilità polisemiche della parola contro la parola univoca gestita dal potere.