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PIETRO MISURACA

"Una eredità aperta e attiva": Luigi Rognoni, il suo archivio e l'insegnamento di Antonio Banfi

Abstract

Il contributo parte dai materiali dell'archivio di Luigi Rognoni (1913-1986), oggi custoditi presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Palermo (dove egli insegnò dal 1958 al 1970) per ricostruire il fondamentale contributo che alla sua formazione diede la figura del filosofo Antonio Banfi. Fin dagli anni dell’opposizione al regime mussoliniano, quando ancora adolescente fu più volte arrestato e rilasciato, Rognoni ebbe una forte coscienza della responsabilità etica dell’intellettuale di fronte alla società e alla storia. Ed era tale passione civile ad animare la sua instancabile attività e i suoi fittissimi scambi epistolari. Con poche eccezioni, il materiale documentario dell'archivio parte dal 1933, anno in cui il ventenne Rognoni, che aveva già pagato lo scotto delle sue intemperanze col mancato compimento istituzionale dei suoi studi, iniziava a seguire ‘da uditore’ le lezioni di Storia della Filosofia che Antonio Banfi teneva all’Università di Milano, aggregandosi ai discepoli di quella scuola filosofica e traendone, in primo luogo, un insegnamento di libertà di pensiero ― al di là della sua chiusura in barriere nazionali ― e di impegno militante per il rinnovamento intellettuale e morale del Paese. La cattedra di Banfi divenne il perno intorno a cui ruotavano giovani come Luciano Anceschi, Remo Cantoni, Dino Formaggio, Enzo Paci, Giulio Preti, Vittorio Sereni. A quel gruppo e a quella scuola di pensiero Rognoni rimase costantemente legato. Fu da Banfi che Rognoni mutuò quella riflessione estetico-filosofica antidealista che lo avrebbe portato a ricercare un nesso fra l’elemento sintattico-linguistico del fatto musicale e il contenuto storico e sociale insito nella composizione.