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MARCELLA LA MONICA

Michele Catti, paesaggista melanconico

Abstract

Michele Catti è un affascinante ed inquietante paesaggista dell’Ottocento siciliano. La ricerca d’archivio condotta ha permesso di scoprire materiali inediti tant’è che si propone una lettura originale dell’artista. Egli infatti ha una formazione complessa che lo allontana dalla scuola di Francesco Lo Jacono, suo primo maestro, facendolo avvicinare al linguaggio degli Impressionisti e dei Macchiaioli. Decisivo è il rapporto con Luigi Natoli, suo mentore e scrittore fecondo di romanzi di leggende siciliane. Egli, peraltro, scrive nella rivista <>, alla quale collaborano gli intellettuali palermitani discutendo di filosofia, di letteratura, di arte e di psicopatologia. Michele Catti reinterpreta il paesaggio e le vedute urbane di Palermo, nutrendole del suo spirito melanconico, inteso come condizione psicopatologica. Artista prolifico , versatile ed interessato alla fotografia, realizza molti scatti che qui sono dati alle stampe per la prima volta. Mentre fino ad oggi la critica tradizionale ha posto l’attenzione sulle letture malinconiche ed autunnali delle sue opere pittoriche, questo studio sovverte l’approccio critico generalmente diffuso, scoprendo il fatto che egli sia un "homo melancholicus". Si pubblica infatti una fotografia di autore ignoto che costituisce essa stessa il documento di quanto sostenuto. La sua melanconia, peraltro, è in linea con una lunga tradizione plurisecolare fino a giungere a Caspar David Friedrich ed a Edvard Munc. Poco compreso dai suoi contemporanei e con pochi riconoscimenti ufficiali in vita, esegue nel 1914 "La fiera dei morti", opera magistrale della sua ampia produzione artistica, lasciando un funereo messaggio, indicativo della sua condizione esistenziale e del suo sentire l’arte. Infine, la metodologia di cui si è avvalsi è quella della storia “globale” dell’arte, ovvero relativa all’analisi dei materiali e delle tecniche, dello stile, dell’iconografia e dei significati profondi dell’opera d’arte.