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GIULIA LETIZIA MAURO

I BENEFICI EFFETTI DELL'ACQUA PER LE PATOLOGIE OSTEOMIOARTICOLARI.

Abstract

Quasi tutte le pratiche mediche che traggono origine dalla valorizzazione terapeutica degli elementi naturali, erano note e sfruttate dai tempi più lontani, come elementi sia preventivi sia curativi. Tali metodiche, necessariamente empiriche nel passato, oggi sono rigorose, in quanto basate su evidenze scientifiche. L’idrochinesiterapia è il movimento in acqua che integra e completa le comuni tecniche riabilitative per il recupero funzionale di varie patologie ortopediche e neuromotorie. L’efficacia dell’idrochinesiterapia dipende da tre principi fondamentali: l’effetto idrostatico (principio di Archimede), secondo il quale un corpo immerso in acqua subisce una spinta dal basso verso l’alto uguale al peso del volume del liquido spostato (galleggiamento); l’effetto idrodinamico, rappresentato dalla resistenza del liquido che si oppone ai movimenti; l’effetto idrotermico, determinato dalla temperatura dell’acqua, di circa 35°, che induce il rilasciamento muscolare e dà luogo ad un’azione antidolorifica. Sfruttando l’azione analgesica della temperatura dell’acqua si ottiene una diminuzione della pressione intrarticolare. Si può così ricercare una maggiore ampiezza articolare, provocando il minimo dolore. Un caso particolare è costituito dalle acque termali che, essendo ricche di zolfo, danno effetti trofici su cartilagini e connettivo, oltre che svolgere un’azione antidolorifica e miorilassante. Negli esercizi in acqua la riduzione del peso ed il decremento della forza di gravità determinano una maggiore libertà di ampiezza del movimento, con un ridotto impegno muscolare, rispetto alla rieducazione funzionale a secco. Il lavoro muscolare è direttamente proporzionale alla velocità degli esercizi eseguiti. Al contrario, un movimento molto lento non incontra una resistenza apprezzabile. La pressione e l’attrito che l’acqua esercita sulla cute forniscono preziose informazioni sensoriali che possono facilitare la riacquisizione del senso del movimento e della posizione del corpo nello spazio. Il soggetto immerso in acqua, infatti, è indotto a controllare la posizione del corpo e a compiere continui aggiustamenti posturali, utili a stimolare una maggiore consapevolezza dei propri movimenti. Bisogna anche considerare che, nel corpo immerso in acqua, si verificano alcuni cambiamenti dei parametri fisiologici, come un abbassamento della frequenza cardiaca, anche del 5-10 per cento, dovuto ad una maggiore distensione delle pareti cardiache, all’azione pressoria esercitata sui muscoli e all’assenza di gravità. Esistono vari tipi di vasche, diverse per funzione, misura e altezza in base alle esigenze individuali di ogni singolo paziente. Nel programma riabilitativo in acqua per le patologie osteomioarticolari si distinguono generalmente tre fasi: adattamento, mobilizzazione articolare e recupero progressivo del carico. L’adattamento consiste nel rilassamento muscolare e psicofisico (favorito dalla temperatura dell’acqua) e dall’abbassamento delle risposte toniche antigravitarie. Segue la fase della mobilizzazione articolare, eseguita sia in posizione orizzontale (supina o prona), sia in verticale in appoggio al suolo o in galleggiamento. La mobilizzazione passiva permette di effettuare una valutazione dell’articolazione interessata. Si possono utilizzare dei galleggianti che hanno la funzione di esercitare una spinta continua e costante con riposo muscolare completo. La mobilizzazione attiva consiste in una serie di movimenti lenti e graduali, effettuati su tutti i piani dello spazio; risulta di notevole utilità nel recupero e, ove possibile, nel potenziamento dei muscoli deficitari, consentendo un preciso lavoro attraverso opportune variazioni delle attrezzature utilizzate e della velocità dell’esercizio terapeutico. Le mobilizzazioni attive possono essere programmate in molteplici modi, al fine di stimolare il miglioramento della c