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VALENTINA GRISPO

La coscienza della macchina: la relazione uomo-androide in Macchine come me di Ian McEwan

Abstract

Nel 1747 il medico e filosofo materialista francese Julien Offray de La Mettrie pubblica L’Homme Machine, opera controversa per i suoi tempi in cui, schierandosi apertamente contro il dualismo cartesiano, propone una visione dell’uomo come “macchina umana” strettamente dipendente dalle connessioni tra il cervello, il corpo e i suoi mutamenti organici. Circa tre secoli dopo, Ian McEwan, scrittore e sceneggiatore Inglese, nella sua retrotopia Macchine come me, continua questa riflessione presentandoci un 1982 alternativo in cui non esiste più soltanto il problema della definizione della natura umana ma anche di quella artificiale, presene sotto forma di androidi super-evoluti, Adam ed Eve, frutto dello sviluppo del machine learning e della biologia computazionale. La presenza di queste macchine con fattezze umane, capaci di pensare e di provare persino sentimenti, apre la questione sul tipo di relazione uomo-macchina che questa convivenza ibrida produce, sullo statuto che l’androide acquisisce e, in particolare, sui dilemmi etico-filosofici che ne derivano: è lecito porre fine a un’esistenza cosciente nonostante non sia composta da neuroni organici? Cosa succede quando in un mondo che sta ancora provando a capire cosa sia la mente, ne viene inserita una artificiale? Cosa c’è di meccanico nell’uomo? Ci più essere qualcosa di umano in una macchina? In che modo, in questo caso, evoluzione e tecnica interagiscono? Si tratta davvero di un’evoluzione? E se la risposta è si, verso che direzione? Il protagonista del romanzo, Charlie Friend, speculatore finanziario autodidatta, laureato in antropologia e appassionato di robotica, cerca nel suo Adam una distrazione dalla sua grigia e disillusa esistenza, ritrovandosi però intrappolato in una relazione ambigua in cui alterna il ruolo di utente della macchina con quello di amico di Adam, fino a diventarne il rivale in amore. Il rapporto uomo-androide ci spinge inevitabilmente a interrogarci anche sul concetto di cyborg, al contempo uomo e macchina, che, superando l’opposizione mente/corpo caratteristica del pensiero occidentale, inserisce nell’equazione la relazione che tutti noi oggi abbiamo con la tecnologia, talmente compenetrante nel nostro vissuto quotidiano da averci già reso soggetti ibridi con tutte le conseguenze del caso, tra cui la principale risulta essere l’impossibilità di pensare ormai all’uomo in termini esclusivamente biologici.