Utopia e distopia nel progetto digitale
- Authors: Ruggero Cipolla; Marco Emanuel Francucci; Salvatore Damiano; Francesco Renda; Dalila Sicomo
- Publication year: 2020
- Type: Curatela
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/514914
Abstract
Sono passati più di venti anni dalla pubblicazione di Being Digital, il celebre libro di Nicholas Negroponte, all’interno del quale il fondatore del MIT Media Lab affermava che “il passaggio dagli atomi ai bit è irreversibile e inarrestabile”. Tale preannunciata rivoluzione, sembra oggi giunta a una fase più matura coinvolgendo sia la sfera pubblica che quella privata, le professioni, la politica e l’economia. Il digitale, facilitando e razionalizzando di giorno in giorno processi precedentemente analogici, è diventato ubiquo. Se da un lato gli aspetti positivi di queste trasformazioni sono evidenti, altrettanto palesi appaiono le aporie: dalla dipendenza tecnologica al rapporto con i social media, fino alla diffusione di una superficiale cultura dell’immagine che mette a rischio gli aspetti più complessi della disciplina architettonica. Il digitale maturo è caratterizzato inoltre dal fenomeno dei Big Data e dalla conseguente diffusione dei metodi di Machine Learning, che mettono ulteriormente in discussione i fondamenti ermeneutici del metodo scientifico, indicando l’inizio di una nuova era in cui non sarebbe più necessario costruire regole e formule per descrivere e comprendere i fenomeni naturali, ma sarebbe sufficiente trovare delle “correlazioni” computazionali (The end of theory, Anderson 2008). In questo numero abbiamo l’opportunità di tornare su un tema sicuramente dibattuto, ma sempre attuale per il frastagliato mondo dell’architettura, che come altri settori ha subito e adottato il digitale e i suoi metodi.