L’Arsenale di Palermo: vicende costruttive e progetti di riforma
- Autori: Di Benedetto, Giuseppe
- Anno di pubblicazione: 2017
- Tipologia: Curatela
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/579743
Abstract
Esistono architetture le cui travagliate vicissitudini, se comprese in rapporto con la storia della città cui appartengono, finiscono per far assumere, alle stesse architetture, un ruolo emblematico e simbolico. Palermo, come e più di ogni altra città, si è alimentata per millenni di simboli spesso antitetici. La sua principale attitudine sembra essere stata, nel corso di una lunga storia edificatrice, una disseminazione di architetture o di fatti urbani in cui rispecchiarsi, quali vere e proprie sineddoche, parti rappresentative del tutto. Sembrerebbe quasi che Palermo ritragga se stessa, con le sue molteplici contraddizioni, in molte delle architetture che più la rappresentano e ne riproducono la “forma” intesa come éidos, nella sfera concettuale del lógos e nelle relazioni di questo con il mýthos. Parafrasando il celebre aforisma di Karl Kraus, «in un vero ritratto si deve riconoscere quale pittore esso rappresenta» e traslitterandolo dall’arte pittorica a quella architettonica, potremmo affermare che in ogni “vera architettura”, se profondamente radicata nella cultura e nella storia di un luogo, si dovrebbe poter identificare la città o l’idea di città che raffigura. Il regio Arsenale di Palermo rappresenta una di queste effige urbane, una “fabbrica di navi” sorta - aspetto assai raro e singolare - in forma di palazzo ma che non fu mai tale, in stretta simbiosi con il processo di sviluppo del contesto dell’area portuale extraurbana nata in seguito alla crea- zione del cinquecentesco Molo Nuovo. Non soltanto, quindi, un’officina per la costruzione e la riparazione del naviglio militare, ma anche un’architettura la cui facies, sul piano iconologico, doveva allinearsi all’immagine regale della città quadripartita, generata dalla renovatio urbis di fine Cinquecento e inizi Seicento. La Strada Colonna, con la potente e massiccia mole dei bastioni del Tuono e di Vega, Porta Felice, il Castello a Mare e l’Arsenale divengono i nuovi capisaldi del riconfigurato fronte a mare, in buona parte (Porta Felice e Arsenale) ascrivibili all’ars architectonica di un unico grande artefice: Mariano Smiriglio. Quest’ultimo nel suo duplice ruolo di architetto del Senato palermitano (dal 1602) e Ingegnere Regio (dal 1610) appare l’indiscusso protagonista della febbrile attività edificatoria che investe la città nei primi decenni del XVII secolo. Il volume raccoglie conoscenze e dati fondati su fonti manoscritte che abbracciano un arco temporale che va dagli inizi del Seicento a tutto l’Ottocento, ricostruendo in maniera sistematica gli eventi costruttivi in rapporto alle dinamiche insediative extra-moenia legate alla costituzione del nuovo porto urbano, paragonando l’Arsenale palermitano ad analoghe architetture realizzate in contesti geografici di influenza politico-militare spagnola, in ambito italiano e del Mediterraneo in genere.