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GIUSEPPE DI BENEDETTO

Ruolo della morfologia nel processo epistemologico della città tra contesti, sistemi e iconologia

Abstract

Nel formulare un “punto di vista” sul tema centrale della morfologia “strutturale” dell’architettura e della città, proverò a sviluppare delle riflessioni di ordine epistemico comprese, talvolta, tra logiche analitiche semantiche e interpretazioni critico-relazionali1. Un iniziale approccio teorico costituto da quelle forme che Foucault (1969) avrebbe definito “dispositivi” e che svolgono il ruolo di operatori analitici e di principi progettuali. Attraverso tali ragionamenti cercherò di ricondurre la discussione verso l’indagine del rapporto tra logiche dell’analisi morfologica e fenomeno architettonico, tra tipologia e aspetti metodologici del progetto approdando a quelle forme di lettura critico-interpretative e relazionali sui fenomeni urbani, proposte in particolare da Giuseppe Samonà, che evidenziano intuizioni gnoseologiche coinvolgenti la “teoria del conoscere”. Tutto questo non certamente per dare risposte assolute o punti di vista personali, ma piuttosto per porre degli interrogativi e tentare di avanzare delle risposte. In ambito disciplinare, la morfologia sembra indicare la dimensione topologica dell’architettura definita dall’atto insediativo. Insediarsi è del resto «individuare un luogo nel territorio, immaginarne l’abitare e la vita possibile. La scelta di dove e come costruire si carica di significato e di conseguenze perché, come in un viaggio, molto del percorrere futuro dipenderà dalla partenza. Gli elementi naturali, le differenze topografiche del sito, il perimetro all’interno del quale il paesaggio o la città sono racchiusi, la densità urbana costituiscono i parametri con cui questo primo atto - che è già architettura - si misura. L’impianto è così la fondazione dell’idea, il primo segno tracciato nella terra attraverso il quale si manifesta e si rende visibile il principio insediativo» (Souto de Moura, 1999).