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GIUSEPPE DI BENEDETTO

“E venne un barbaro …”. Giuseppe Samonà e la ricerca impaziente

Abstract

Scrive Giuseppe Semerani: «nel 1936 un barbaro viene a Venezia: Giuseppe Samonà. Un ingegnere, un aristocratico siciliano, un provinciale». Ma proprio quel barbaro, aristocratico e provinciale seppe in breve tempo, cito sempre Semerani, «diventare imperatore»; capace di scardinare il conservatorismo culturale della scuola di Architettura lagunare proiettandola in una dimensione nuova, di vera e propria rifondazione che la trasformerà in una delle migliori scuole in Italia e in Europa. Naturalmente Samonà era “barbaro” e “provinciale” in una misura che è esclusivamente simbolica o, per meglio dire, ideologica, di chi è capace, in una fase di transizione culturale epocale, di saper offrire nuove e rinnovate condizioni cui fare riferimento. Ciò vale anche per la sua attività di progettista, inscindibile da quella di docente. Attività più che mai intensa soprattutto nel dopoguerra e che vedrà al suo fianco il figlio Alberto e Giuseppina Marcialis, dal 1958 al 1964, e il solo Alberto, come cointestatario dello studio professionale, dal 1965 al 1983. Alle figure del figlio e della nuora si assoceranno, nel corso di molteplici esperienze, quelle di numerosi e noti collaboratori.