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ELISABETTA DI STEFANO

Leon Battista Alberti e il "doctus artifex"

Abstract

Attraverso l’esame della nozione di “artista dotto” - tracciata dallo stesso Alberti nel De pictura – si avvia un’indagine sui destinatari dei trattati albertiani relativi alle arti figurative. Infatti il lettore di Alberti non è più l’artigiano che nel manuale cerca regole operative, ma è un personaggio più colto che deve avere competenze in ambiti differenti (dal latino alla musica, dalla matematica alla retorica). Probabilmente i veri destinatari si potrebbero individuare tra i dotti uditori delle corti signorili, a cui l’umanista aveva già rivolto altre opere (il Philodoxeos, il De equo animante, il Teogenio, i Ludi Matematici). Pertanto un nuovo tipo di lettore si affaccia nel panorama della ricezione dei testi umanistici: un uomo di cultura competente anche di pratiche artistiche. Ma tale figura trova pochi riscontri in quel tempo: non è ravvisabile nel lettore intenzionale (gli artisti contemporanei), né in quello reale (il potenziale pubblico dei mecenati), ma più probabilmente in quello virtuale dei posteri e, pertanto, l’ “artista dotto”, a cui Alberti indirizza i suoi trattati, può essere considerato un destinatario ideale.