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TIZIANA CAMPISI

Il cantiere dell'Arsenale. Materiali e tecniche

Abstract

Esistono architetture le cui travagliate vicissitudini, se comprese in rapporto con la storia della città cui appartengono, finiscono per far assumere, alle stesse architetture, un ruolo emblematico e simbolico. Palermo, come e più di ogni altra città, si è alimentata per millenni di simboli spesso antitetici. La sua principale attitudine sembra essere stata, nel corso di una lunga storia edificatrice, una disseminazione di architetture o di fatti urbani in cui rispecchiarsi, quali vere e proprie sineddoche, parti rappresentative del tutto. Sembrerebbe quasi che Palermo ritragga se stessa, con le sue molteplici contraddizioni, in molte delle architetture che più la rappresentano e ne riproducono la "forma" intesa come éidos, nella sfera concettuale del lógos e nelle relazioni di questo con il mýthos. Parafrasando il celebre aforisma di Karl Kraus, «in un vero ritratto si deve riconoscere quale pittore esso rappresenta» e traslitterandolo dall’arte pittorica a quella architettonica, potremmo affermare che in ogni "vera architettura", se profondamente radicata nella cultura e nella storia di un luogo, si dovrebbe poter identificare la città o l’idea di città che raffigura. Il regio Arsenale di Palermo rappresenta una di queste effige urbane, una "fabbrica di navi" sorta - aspetto assai raro e singolare - in forma di palazzo ma che non fu mai tale, in stretta simbiosi con il processo di sviluppo del contesto dell’area portuale extraurbana nata in seguito alla creazione del cinquecentesco Molo Nuovo. Non soltanto, quindi, un’officina per la costruzione e la riparazione del naviglio militare, ma anche un’architettura la cui facies, sul piano iconologico, doveva allinearsi all’immagine regale della città quadripartita, generata dalla renovatio urbis di fine Cinquecento e inizi Seicento. La Strada Colonna, con la potente e massiccia mole dei bastioni del Tuono e di Vega, Porta Felice, il Castello a Mare e l’Arsenale divengono i nuovi capisaldi del riconfigurato fronte a mare, in buona parte (Porta Felice e Arsenale) ascrivibili all’ars architectonica di un unico grande artefice: Mariano Smiriglio. Quest’ultimo nel suo duplice ruolo di architetto del Senato palermitano (dal 1602) e Ingegnere Regio (dal 1610) appare l’indiscusso protagonista della febbrile attività edificatoria che investe la città nei primi decenni del XVII secolo. Il volume raccoglie conoscenze e dati fondati su fonti manoscritte che abbracciano un arco temporale che va dagli inizi del Seicento a tutto l’Ottocento, ricostruendo in maniera sistematica gli eventi costruttivi in rapporto alle dinamiche insediative extra-moenia legate alla costituzione del nuovo porto urbano, paragonando l’Arsenale palermitano ad analoghe architetture realizzate in contesti geografici di influenza politico-militare spagnola, in ambito italiano e del Mediterraneo in genere.