Ridisegnare il confine fra "noi" e "loro": interrogativi sulla revoca della cittadinaza
- Authors: Cavasino Elisa
- Publication year: 2019
- Type: Articolo in rivista (Articolo in rivista)
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/351566
Abstract
Esiste un limite costituzionale alla privazione della cittadinanza? Il decreto legge n. 113/2018 ha recentemente introdotto un nuovo articolo 10-bis nella legge n. 91/1992 che disciplina la revoca della cittadinanza. Si tratta di una “sanzione” che può essere inflitta dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’interno entro tre anni dalla condanna definitiva per gravi fatti di reato ed è applicabile soltanto ad alcune categorie di cittadini (non si può revocare la cittadinanza ai cittadini iure sanguinis, per beneficio di legge o per adozione). La revoca della cittadinanza è una assoluta novità nella legislazione italiana a far data dalle leggi fasciste del 1926 e sembra porsi in diretto conflitto con l’articolo 22 della Costituzione, che vieta la privazione della cittadinanza per motivi politici; con il principio costituzionale di ragionevolezza; con il diritto costituzionale di difesa e con altri diritti di rango costituzionale che possono essere aggrediti come effetto dell’atto di denazionalizzazione. Una breve analisi di analoghe forme di privazione della cittadinanza (la francese déchéance de nationalité), delle norme e della giurisprudenza UE sulla cittadinanza europea (il caso Rottmann) e di altre rilevanti norme internazionali in materia di contrasto dell’apolidia e di protezione di diritti fondamentali (come il diritto alla vita privata e familiare di cui all’articolo 8 CEDU), mostra, infine, che l’art. 10-bis l. n. 91/1992 si pone in diretto contrasto con il «diritto ad avere diritti».