Il destino nelle parole. Questue, mascheramenti e formule augurali
- Authors: Buttitta, I
- Publication year: 2016
- Type: Contributo in atti di convegno pubblicato in volume (Capitolo o saggio)
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/224838
Abstract
Le pratiche di questua sono azioni rituali che caratterizzano diversi periodi festivi di tutta l’area euro-mediterranea. Si tratta di richieste di dazione e prelievi di beni (generalmente alimenti) eseguite, secondo diverse modalità e entro precisi segmenti spazio-temporali, da soggetti tradizionalmente demandati a rivestire il ruolo di postulanti (comitati, confratrie, compagnie di adulti, giovani, bambini/e; spesso ma non sempre connotati da speciali costumi e/o maschere e da altri simboli materiali nonché da specifici e peculiari comportamenti). L’auspicata e prefigurata (nelle formule di questua) dazione degli offerenti presuppone un dono da parte dei questuanti che assume spesso, ma non necessariamente, una dimensione performativa: esecuzioni musicali e coreutiche, drammatizzazioni, canti, recite di testi si accompagnano e aggiungono infatti, in diverse circostanze, al semplice scambio tra beni e formule/gesti di contenuto augurale. Clemente le definisce, pertanto, questue-cerimonie e, sottolineando il rapporto prestazione (performance dei questuanti)–controprestazione (dazione dei riceventi), le ascrive entro la categoria delle azioni cerimoniali itineranti con scambio. Va osservato, tuttavia, che ciò che caratterizza e qualifica inequivocabilmente le questue a carattere rituale è lo scambio tra beni immateriali (l’augurio di benessere e prosperità) e beni materiali (gli alimenti, il denaro), restando l’eventuale prestazione performativa solo funzionale e non determinante rispetto alla definizione del rito. Ciò in ragione del fatto che i postulanti sempre e comunque rappresentano nel contesto cerimoniale delle autentiche “figure dell’alterità”, proponendosi (esplicitamente o implicitamente) come rappresentanti e/o emissari di potenze extraumane da cui ci si attendono benevolente attenzione e protezione, ossia un contro-dono diffuso e differito nel tempo. Sulla base di queste considerazioni quanto viene offerto ai questuanti non può essere semplicisticamente inteso come retribuzione di una qualsivoglia prestazione ovvero come parte di un meccanismo redistributivo sostenuto da istanze di ordine sociale o di pietas religiosa, e conferma come questi riti vadano complessivamente considerati, almeno da un punto di vista genetico, come occasioni in cui offrire il dono periodicamente dovuto alle forze e alle entità che garantiscono l’equilibrio cosmico e microcosmico, i cicli della natura e della vita sociale.