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CLELIA BARTOLI

Il desiderio e la legge: educazione democratica e benessere psicologico all’università

Abstract

Parole quali “democrazia”, “uguaglianza”, “libertà”, “partecipazione” sono ospiti abituali nelle aule universitarie, soprattutto in un dipartimento di Giurisprudenza. Ma oltre ad essere i contenuti di lezioni e di scritti, nonché i valori a cui fa appello la missione educativa dell’istruzione pubblica, in che modo tali concetti diventano metodo di insegnamento? Dall’inchiesta che abbiamo svolto con un gruppo di studenti e studentesse, sembrerebbe che, nel corso dei loro studi, solo in casi rarissimi i giovani in formazione abbiano l’opportunità di prendere delle decisioni, che le loro opinioni siano ascoltate o di partecipare con altri attivamente alla creazione della conoscenza. Pertanto, a fronte di innumerevoli riforme, il modello educativo che prevale nell’accademia è tuttora quello individualista, gerarchico, trasmissivo, passivizzante come stabilito nella Ratio Studiorum della Compagnia del Gesù del 1599. Ma è davvero possibile insegnare a divenire cittadini e cittadine trattando gli educandi da sudditi? È pensabile comunicare agli studenti il valore della libertà senza lasciare loro alcuno spazio per esprimersi, per prendere iniziative o compiere delle scelte? Si può trasmettere il senso dell’uguaglianza e della solidarietà in un contesto fortemente gerarchico e competitivo dove la collaborazione è assente o perfino osteggiata? Da molti anni conduco delle sperimentazioni educative per pervenire ad un insegnamento che sia democratico anche nel metodo e che sfidi il modello di sapere/potere intriso nell’istituzione universitaria. L’espressione con cui l’ho definito è “Accademia alla rovescia” o “Per un’accademia umile”. Gli elementi fondamentali di questa metodologia sono: a. la costituzione di una comunità educante in cui il sapere circoli e si produca secondo molteplici vettori. Essa accoglie studenti, docenti, ma anche soggetti e realtà esterne all’università, spesso caratterizzate dal fatto di essere socialmente marginali. b. La valutazione tramite delle prove autentiche e un saggio riflessivo. Gli studenti e le studentesse vengono osservati in azione e in dialogo durante lo svolgimento delle lezioni. Essi sono chiamati a lavorare in gruppo a delle cosiddette “prove di realtà” attinenti alla materia di insegnamento, in cui devono impiegare ed estendere la conoscenza, facendo qualcosa di vero e socialmente rilevante. L’esperienza di studio e ricerca collettiva viene poi assimilata e organizzata in uno scritto individuale: il saggio riflessivo. La formazione e la valutazione sono quindi la risultante di diversi modi di relazionarsi al sapere: attraverso letture e dibattiti, ricerca e scrittura, creatività e prassi, lavori di gruppo e metariflessione individuale. Questa metodologia di fatto riunisce in un unico momento le tre missioni dell’università: insegnare, fare ricerca e avere una ricaduta sociale.