Workshop B - Media e rappresentazioni del femminile
CONVEGNO Sguardi di genere e sapere sociologico
Agrigento 29-30 maggio 2014
Workshop B – Media e rappresentazioni del femminile
Coordinatrici: Francesca Rizzuto e Gianna Cappello
CALL FOR ABSTRACT
Il workshop si propone di fare una ricognizione degli studi più recenti sul ruolo dei media nel processo di costruzione sociale del “femminile” e di avviare una riflessione sulle conseguenze che l’uso di particolari strategie narrative può produrre in termini di creazione e/o percezione dei problemi sociali.
In particolare si sollecitano proposte di papers che affrontino, con diversi approcci teorico-metodologici, le seguenti tematiche:
1. Visibilità e modalità di rappresentazione del femminile nei media italiani.
2. La creazione mediale di nuove emergenze sociali: il caso dei femminicidi.
3. Il femminile nei media italiani tra pubblico e privato: lavoro, politica e famiglia.
4. Dinamiche di partecipazione e di costruzione dell’identità femminile in Rete .
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Media e women representations
This workshop intends to look at the most recents studies on the role media play in the social construction of the “feminine” and also start reflecting on the consequences that the use of particular narrative strategies may produce in terms of the creation and/or perception of social problems. Particularly welcomed are papers that, from different theoretical-methodological approaches, deal with the following topics:
1. The visibility and representation of the feminine in the Italian media
2. The media construction of new social problems: the case of feminicides
3. The feminine in the Italian media between public and private: work, politics and the family
4. Dynamics of participation and feminine identity construction on the internet.
PARTECIPANTI:
Lorenzo Albertelli, Ph.D - Università di Catanzaro
Giuseppina Bonerba, Ph.D - Università di Perugia
Elena de la Cuadra de Colmenares, Ph.D - Universidad Complutense de Madrid
Antonia Cava, Ricercatrice - Università di Messina
Virginia Longobardi, docente - Ministero della Pubblica Istruzione
Arianna Mainardi, Ph.D - Università di Milano Bicocca
Gabriella Polizzi, Professore aggregato- Università di Enna “Kore”
Antonino M. Oliveri, Professore associato di Statistica sociale - Università di Palermo
Luisa Stagi, Ricercatrice - Università di Genova
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PARTECIPANTE: Lorenzo Albertelli, Pd.H Università di Catanzaro
TITOLO: Femicidio e Femminicidio. Un'analisi socio-giuridica della "fase emergenziale" italiana
PAROLE CHIAVE: feminicidi, media, emergenza
TEMA E METODOLOGIA: L'analisi, condotta con metodo quantitativo, si propone di smentire la falsa idea di una Italia attraversata da una "fase emergenziale", per numero di vittime del femminicidio, senza precedenti.
ABSTRACT
Sono più di un terzo le donne italiane che, secondo l'Istat, sono vittima di episodi violenti nel corso della loro vita. All'interno del fenomeno della violenza di genere, il tema dei femminicidi o, più propriamente, dei femicidi – le "uccisioni di donna in quanto donna" secondo la definizione della criminologa Diana E. H. Russell – rappresenta indubbiamente l'aspetto più drammatico.
Articoli, servizi televisivi, dibattiti e documentari incentrati su questa tematica, negli ultimi anni, hanno monopolizzato i media in risposta ad un crescente interesse dell'opinione pubblica; un importante lavoro di sensibilizzazione che però, a lungo andare, si è tradotto in una fredda contabilità delle morti. Se da un lato impossibile è disconoscere la fondamentale importanza dei numeri - condizione essenziale per altro nell'elaborazione di politiche efficaci di contrasto - dall'altro si avverte la necessità di un'analisi dal valore scientifico che sappia interrogarsi anche su questioni altrettanto importanti non facendo propri i toni sensazionalistici e non accettando passivamente la falsa idea di un'Italia flagellata da una "fase emergenziale" senza precedenti.
L'Italia, al contrario di altri paesi – alcuni dei quali suoi partner europei –, non possiede un Osservatorio nazionale che fornisca dati certi ed ufficiali, in sua assenza, importanza centrale hanno pertanto assunto le otto indagini annuali elaborate dai gruppi di ricerca coordinati da "Casa delle donne per non subire violenza". Una rilevanza mediatica che ha ricevuto ulteriore conferma durante la " Giornata mondiale contro la violenza sulle donne 2013" quando si sono confrontati i risultati degli anni precedenti con l'ultimo dato parziale disponibile destinato, secondo le stime, a superare nettamente, per numero di vittime, il triste record del 2011.
L'escalation, rapida e considerevole, ha innegabilmente allarmato, tuttavia, a ben guardare, tutte queste indagini hanno un limite comune: per stessa ammissione di "Casa delle donne", ricavando i dati unicamente dai media, si è finiti per fotografare solo parzialmente il quadro complessivo. Di anno in anno, seguendo l'andamento dell'attenzione dei media, sempre meno casi sono passati inosservati e i dati, di conseguenza, sono aumentati; d'altro canto, siffatti numeri, hanno fatto accendere ulteriori riflettori in un circolo vizioso preoccupante e senza fine. Una falsa percezione peraltro inconciliabile con gli importanti impegni che l’Italia ha assunto, ratificando la Convenzione di Istanbul, in ambito internazionale.
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PARTECIPANTI: Giuseppina Bonerba, Pd.H, Università di Perugia
Elena de la Cuadra de Colmenares Pd.H, Universidad Complutense de Madrid
TITOLO: La costruzione mediale del femminicidio nei programmi di approfondimento delle televisioni italiane e spagnole
PAROLE CHIAVE: femminicidio, approfondimento televisivo, media in Italia e Spagna
ABSTRACT:
Nel contesto delle proposte del workshop B (Media e Rappresentazione del femminile), e in particolare in riferimento al tema della costruzione mediale del femminicidio, questo studio intende analizzare i programmi di approfondimento che trattano del femminicidio - e talvolta si occupano più in generale della violenza di genere che può sfociare nell’uccisione della donna - trasmessi in Italia e in Spagna. Infatti il successo in termini di audience di questi programmi, così come i loro format e anche il genere a cui appartengono (talk show, reportage, docudrama), varia notevolmente nei due Paesi, dando luogo a diverse modalità di creazione, e conseguentemente di percezione, del fenomeno.
Usando un approccio d’analisi gender-sensitive, e facendo un uso integrato di metodologie quantitative e qualitative, saranno descritti in un’ottica comparativa i programmi di approfondimento che hanno avuto maggior successo nei due Paesi, evidenziando le diverse modalità di costruzione del fenomeno con particolare riguardo alla costruzione dei soggetti che ricoprono i ruoli di vittima e carnefice.
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PARTECIPANTE: Antonia Cava, ricercatrice ‒ Università di Messina
TITOLO: Biografie televisive. Donne tra rappresentazione e percezione delle identità di genere nei media
ABSTRACT
Nell’era dei media mobili caratterizzata dalla frammentazione, moltiplicazione, rilocazione, desincronizzazione e personalizzazione dei tempi della vita quotidiana, è ancora incontestabile la centralità della televisione nell’esperienza contemporanea (Gavrila 2010).
L’obiettivo del paper, attraverso la rilettura di diari biografici scritti utilizzando i testi televisivi come sentieri privilegiati per la ricostruzione della storia della propria vita, è quello di interpretare i programmi come generatori di mobilità intesa in senso emotivo, spaziale e temporale. I diari ci raccontano i processi di addomesticamento delle tecnologie e d’incorporazione emotiva dei contenuti televisivi di sei giovani donne nate tra il 1973 ed il 1990. Questi reperti narrativi scritti per un periodo di tre mesi (Ottobre-Dicembre 2013) si propongono come collezioni di spazi dell’immaginario che ogni telespettatrice colonizza pur immobile di fronte alla tv. Ogni spettatrice è avvolta da repertori d’immagini che, in questo lavoro, studiamo nel loro trasformarsi in costruttori d’identità. Se sul fronte della rappresentazione si sono moltiplicate le caratterizzazioni dei ritratti femminili, dal punto di vista della platea di donne che entrano in contatto con i contenuti mediali, i processi di attribuzione di senso alle identità di genere si sono rinnovati.
Studiamo, allora, come il moltiplicarsi delle trame mediali garantito dalla tv digitale possa incidere sulle vie attraverso cui il pubblico femminile decodifica i ruoli di genere interpretati sullo schermo.
Dimostreremo come il medium televisivo, nonostante nelle sue declinazioni mobili (IP-Tv e Mobile Tv) abbia raggiunto risultati poco incoraggianti, riesca a compensare la staticità del suo “hardware” con la mobilità che garantisce attraverso un “software” fatto di testi che moltiplicano gli spazi in cui è possibile vivere.
I media ci offrono un «contesto simbolico» (Livolsi 2006). Ricodifichiamo i testi con cui entriamo in contatto e ne riproponiamo quasi una nuova versione, modificati dall’essere entrati a far parte della nostra esperienza. Il racconto che ne deriva è costellato da significati che nascono dall’intreccio della propria vita con i fatti delle storie narrate dai media (Jedlowski 2012).
In questo lavoro proveremo ad illustrare i modi in cui un tipo particolare di pubblico – le telespettatrici – rinegozia i contenuti televisivi. Comprenderemo il modo in cui attraverso una certa forma, il testo televisivo, le spettatrici danno vita a processi e sistemi di significazione.
In particolare studieremo come i racconti televisivi che hanno abitato l’immaginario delle nostre biografe si siano trasformati in piccoli “frammenti spazio-temporali” entrati in corto circuito con la loro storia personale.
Riferimenti bibliografici
M. Gavrila (2010), La crisi della tv. La tv della crisi. Televisione e public service nell’eterna transizione italiana, Franco Angeli, Milano
P. Jedlowski (2012), Moltiplicare la vita. Un’esperienza di lettura, «Im@go. Rivista sociale sull’immaginario», anno 1, n.0
M. Livolsi, La società degli individui, Carocci, Roma 2006
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PARTECIPANTE: Virginia Longobardi, docente ‒ Ministero Pubblica Istruzione
TITOLO: L’identità al femminile: frutto di interazione tra società, individualità e pluralità
PAROLE CHIAVE: costruzione identitaria, donne, mass media
ABSTRACT:
Il contributo analizza la difficoltà della costruzione dell’identità femminile in una società in cui il sistema mediatico continua a dare un’immagine falsata della donna, rendendo ancora più farraginoso un percorso di “formazione” già naturalmente complesso
In un contesto storico sociale, quello attuale, che sembra aver “liquidato” ogni paradigma dualistico in nome di una globalizzante uniformazione degli esseri umani è allarmante la mancanza di un paradigma capace di delineare le peculiarità dell'essere umano al femminile. Questo non solo in relazione alla figura maschile, ma anche all'interno del più ampio quadro sociale con il quale si è instaurata una relazione unilaterale in seguito alla quale i segni "sociali" sono strutturalmente visibili nella costruzione identitaria femminile.
Se da un lato, c'è l'implicita volontà della donna di, colmare, il "gender divide" che la vede in una posizione di svantaggio nella ricerca dei suoi spazi socio-familiari, c'è chi per motivi legati alla logica di "mercato" fa emergere uno stereotipo di donna di esplicita matrice sessista. Ciò è lapalissiano anche nei motivi per i quali vengono citate dalla stampa donne che riescono a raggiungere posizioni di prestigio, in politica per esempio: l'avvenenza fisica, l'eleganza, la mancanza di stile, devalorizzando, ogni tentativo compiuto in direzione di una costruzione di sistemi fondati sulla differenza di genere secondo una logica che valorizzi le caratteristiche distintive della donna come dell’uomo. Sistemi orientati all’ “essere” dell’esserci dell’umano e dunque alla co-esistenza o meglio con-vivenza di alterità e di soggettività diverse nel rispetto delle singole individualità.
Quest’atteggiamento costituisce il principale ostacolo al raggiungimento di una pari rappresentanza anche in Parlamento. Le “quote rosa”, infatti, sono in generale, a livello nazionale, e nello specifico, nella realtà campana, ancora esigue per poter parlare di una effettiva pari rappresentanza politica come risulta anche da una serie di indagini effettuate presso alcuni comuni della Campania. L’insufficiente rappresentanza in politica costituisce solo un aspetto delle ripercussioni che una falsata costruzione identitaria può avere sulla vita al femminile.
L’ambito socio-familiare ha, in realtà, un valore formativo essenziale per la realizzazione di percorsi soggettivi e obiettivi di elaborazione individuale femminile al pari di quella maschile ben definiti. La società e la famiglia costituiscono uno strumento di conoscenza e di formazione che permette di riflettere sul proprio percorso identitario e di elaborare una definizione di sé.
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PARTECIPANTE: Arianna Mainardi, Ph.D candidate ‒ Università Milano Bicocca
TITOLO: La complessità delle adolescenti nel performare l’identità di genere online
PAROLE CHIAVE: social network, adolescenza femminile, 'sessualizzazione'
ABSTRACT
Il lavoro che vorrei proporre presenta parte dei primi risultati di una ricerca di dottorato in corso sui processi di soggettivazione femminile e le tecnologie digitali. La ricerca vuole verificare la capacità delle nuove tecnologie digitali di offrire spazi che producano e accolgano identità femminili meno forzatamente posizionate dentro le maglie del genere.
Il rapporto tra genere e media è un terreno importante su cui misurare la riproduzione e diffusione di stereotipi e rapporti di potere costruiti in base al genere. La sempre maggiore pervasività delle tecnologie digitali e di Internet impone una riflessione critica attorno al ruolo che queste specifiche tecnologie di comunicazione hanno nel costruire determinati modelli di femminilità. L'uso da parte delle adolescenti delle tecnologie digitali è un settore cruciale del discorso istituzionale e pubblico che spesso si focalizza sui rischi ad i pericoli che i ragazzi corrono online.
In particolar modo le ragazze sono il principale oggetto di attenzione riguardo alle presunte conseguenze negative della rete, principalmente legate alla maggiore possibilità di entrare in contatto con immagini sessuali e predatori sessuali. Se il dibattito pubblico incornicia le ragazze nel ruolo di vittime di una cultura sessualizzata promossa dai media, i Social Network sono inquadrati nel ruolo di responsabili di questo tipo di pericolo.
Si tratta di un panico morale gendered specificatamente rivolto verso le adolescenti e l'uso dei
Social Network che, attraverso la continua attenzione verso le storie di ragazze “vittime” sulla rete, cerca di depotenziare il ruolo delle ragazze e mantenere un ordine patriarcale che regola la presenza delle ragazze nello spazio pubblico e ritiene le tecnologie per loro inappropriate.
L'individuazione empirica dell'appropriazione sociale e culturale specifica della cultura
sessualizzata è indispensabile per comprendere la costruzione di soggettività femminili online e offline nel contesto postfemminista dei nuovi media. Se numerose sono le ricerche che si concentrano sugli effetti dei media, meno spazio viene dedicato all’analisi di come le ragazze stesse creano significato e negoziano il significato dei media nella vita di tutti i giorni.
La metodologia di tipo qualitativo utilizza un approccio etnografico allo studio dei nuovi media, combinando interviste non strutturate rivolte a ragazze tra i 15 e i 19 anni nella città di Milano e osservazione online. L'obiettivo della ricerca è far emergere come le risorse tecnologiche vengano utilizzate dalle adolescenti per rappresentarsi sulla scena sociale, mettendo in luce concordanze e dissonanze con le identità assegnate.
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PARTECIPANTI: Gabriella Polizzi, ricercatrice ‒ Università di Enna “Kore”
Antonino M. Oliveri, professore associato, Università di Palermo
TITOLO: La comunicazione sociale a tutela delle donne. Rappresentazioni della violenza sulle donne e strategie comunicative di prevenzione e contrasto del fenomeno nelle campagne di comunicazione sociale del Governo italiano
PAROLE CHIAVE: violenza, donne, comunicazione sociale
ABSTRACT: In anni recenti il fenomeno della violenza nei confronti delle donne ha assunto in Italia una visibilità senza precedenti, dovuta sia all’aumento del numero di omicidi di donne da parte di uomini evidenziatosi a partire dagli anni Novanta, sia all’azione che i media hanno esercitato sulla sua tematizzazione come “problema sociale”. Entrando a pieno titolo nell’agenda dei media, il fenomeno è divenuto al tempo stesso oggetto di un’aumentata percezione da parte di ampi strati della società civile, primi tra tutti quelli delle giovani donne.
A tale visibilità hanno contribuito anche i discorsi e le connesse rappresentazioni del fenomeno circolanti nel campo della comunicazione sociale, ambito nel quale un numero crescente di istituzioni pubbliche e organizzazioni non profit ha messo in atto specifiche strategie di comunicazione, volte a codificare la violenza di genere come “emergenza sociale”, riconoscendo come “non più legittime” dinamiche del rapporto uomo-donna tuttora a volte percepite come “normali” perfino dalle vittime.
In questo contesto, caratterizzato dall’introduzione in Italia di fondamentali provvedimenti normativi quali quelli contro lo stalking e il femminicidio, questo contributo intende identificare quali rappresentazioni della violenza sulle donne e quali strategie comunicative di prevenzione e contrasto del fenomeno emergano dalle campagne di comunicazione sociale promosse in anni recenti dal Governo italiano.
Per raggiungere questo obiettivo il lavoro si articola in due parti.
Nella prima, partendo da un’analisi desk, viene tracciato il quadro statistico dell’incidenza del fenomeno della violenza sulle donne in Italia, al fine di rilevarne la diffusione territoriale e le caratteristiche socio-demografiche delle vittime e degli aggressori, e vengono evidenziati il livello di percezione e gli stereotipi che ne legittimano l’esistenza.
La seconda parte presenta metodo e risultati di una ricerca nella quale è stata condotta l’analisi testuale delle campagne di pubblicità sociale realizzate tramite spot televisivi dal Dipartimento per le Pari Opportunità del Governo italiano tra il 2009 e il 2013.
Le Conclusioni evidenziano quali rappresentazioni della violenza nei confronti delle donne siano state diffuse, in quali modi sia stato tematizzato il rapporto tra uomini e donne, e quali atteggiamenti, comportamenti e specifici servizi siano stati proposti per arginare il fenomeno.
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PARTECIPANTE: Luisa Stagi, ricercatrice ‒ Università di Genova
TITOLO: Le cuoche e gli chef. La rappresentazione del femminile nelle trasmissioni di cucina
ABSTRACT
Gli studi che si sono occupati del rapporto tra cibo e genere nei programmi televisivi sostengono che sia estremamente importante come contesto in cui “si fa il genere” e in cui viene rappresentata e rafforzata la divisione dei ruoli (Cairns, Johnston, Baumann, 2010).
Le analisi su questi temi (Kutchum, 2004, Ray, 2007, Corcoram, 2008, Szabo 2013) individuano alcuni assi principali attraverso i quali situare e leggere questi scenari di rappresentazione (Adema 2000). In primo luogo l’asse nutrimento/piacere (Food work/Food leisure): le donne che cucinano in tv di solito mettono in scena una femminilità rassicurante legata al ruolo di cura, per gli uomini invece la preparazione del cibo è legata al piacere oppure a occasioni speciali; il tipo di linguaggio e le ambientazioni risultano tra i principali repertori discorsivi per questi confinamenti (Corcoram, 2008). Questa dicotomia trova ulteriori declinazioni nell’asse privato/pubblico: se le donne che cucinano sono sempre ancorate alla riproduzione di una dimensione casalinga, gli uomini spesso vanno fuori, alla ricerca di gusti esotici e di sfide di vario genere. Quest’ultimo aspetto, la sfida, rappresenta un altro importante elemento di distinzione tra il femminile e il maschile rispetto al cibo: le donne preparano, gli uomini guardano e giudicano. Anche per questo le donne in televisione vengono definite cuoche e non chef, ovvero dimensione domestica contro competenza professionale (Adler, 1981).
Queste categorie analitiche sono state utilizzate per condurre un’etnografia dei media (Boni, 2004) sui principali canali televisivi italiani sia della tv generalista sia di quella tematica; in questo intervento di intendono illustrare le riflessioni emerse da questo lavoro.
Se sul satellitare o digitale terrestre, l’autorità in cucina è sempre maschile, con la presenza di uomini che sotto la definizione di chef diventano giudici o essi stessi sfidanti in gare culinarie, mettendo in scena una maschilità “alfa” (Fagiani, Ruspini, 2011), sui canali mainstream, invece, imperversano trasmissioni di cucina caratterizzate dal fatto di essere condotte da figure femminili poco esperte e per nulla autorevoli in cucina. Donne che incarnano un modello di femminilità tradizionale e rassicurante (Antonella Clerici), che mettono in scena l’irriducibilità della doppia presenza (Benedetta Parodi) (Nathanson, 2009) oppure che ammiccano alla figura della geisha, un nuovo angelo del focolare che seduce anche attraverso il Food Porn (un esempio è Nigella Lawson, la sua figura è discussa da anni nell’ambito del dibattito sul post femminismo, Hollows, 2003).
Riferimenti bibliografici dell’abstract
Adler T. A. (1981), Making Pancakes on Sunday: the Male Cook in Family Tradition, Western Folklore, 40, 45-54.
Boni F. (2004), Etnografia dei media, Laterza, Roma-Bari.
Cairns K., Johnston J., Baumann S. (2010), Caring About Food: Doing Gender in the Foodie Kitchen, Gender & Society, vol. 24, n. 5, 591-615.
Corcoran A. (2008), Taking a Big Bite out of the Food Network. The Importance of Masculinity in Food Programming, online: http://www.american.edu/cas/american-studies/food-media-culture/upload/2008-Corcoran-Taking-a-Big-Bite.pdf
Fagiani M.L., Ruspini E., (2011), Maschi alfa, beta, omega. Virilità italiane tra persistenze, imprevisti e mutamento, FrancoAngeli, Milano.
Hollows J. (2003), Feeling Like a Domestic Goddess: Postfeminism and Cooking, European Journal of Cultural Studies, 6, 179-202.
Ketchum C. (2005), The Essence of Cooking Shows: How the Food Network Constructs Consumer Fantasies, Journal of Communication Inquiry, vol. 29, n. 3, 217-234.
Ketchum C. (2004), Gender, Charisma and the Food Network Paper presented at the annual meeting of the International Communication Association, New Orleans Sheraton, New Orleans, LA, May 27, 2004 Online http://www.allacademic.com/meta/p113145_index.html
McBride A. (2010), Food Porn, Gastronomica: The Journal of Food and Culture, vol. 10, n. 1, 38-46.
Nathanson E. (2009), Temporality As Easy as Pie: Cooking Shows, Domestic Efficiency, and Postfeminist, Television New Media, 10, 311-330.
Ray K. (2007), Domesticating Cuisine: Food and Aesthetics on American Television. Gastronomica: The Journal of Food and Culture, vol 7, n. 1, 50-63.
Szabo M. (2013), Foodwork or Foodplay? Men's Domestic Cooking, Privilege and Leisure, Sociology, 47, 623-638.