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Una breve riflessione sui recenti fatti di Roma

26-ott-2018

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Gli eventi accaduti a Roma negli ultimi giorni, nella loro drammaticità, oltre a scuoterci emotivamente, investono completamente il campo di ricerca che ci siamo scelti, il tentativo di connettere l'accademia con la metropoli, di legare sinergicamente ed intensivamente le differenti forme di produzione dei saperi e scrutare la formazione dei poteri.

Ciò che ci scuote, oltre l'umano dolore per la morte di una giovane in una situazione sicuramente delicata, è la retorica governamentale che mette in atto una sequenza di risposte, che nel voler immediatamente trovare una soluzione, tagliano drammaticamente quel nodo gordiano della sofferenza. La sofferenza, la solitudine, l'abbandono, la precarietà sociale, per l'appunto, esperienze indicibili, che vengono continuamente manipolate e manipolate dalle agenzie mediatiche e governative per rendere sempre più materiale l'idea di un governo della paura e del tiranneggiare delle passioni tristi.

Lo sguardo sulla materialità quotidiana e sui suoi problemi viene sussunto e defalcato nell'intensificazione dei dispositivi di controllo; la violenza simbolica e strutturale che opera nelle metropoli, specialmente in quelle zone considerate a rischio, viene forclusa a favore delle politiche di ristrutturazione urbanistica e di gentrificazione; la vita invisibile delle migliaia di soggetti diventa il fantasma da mobilitare nelle occasioni prestabilite.

La crudeltà e l'efferatezza dell'alto diventano vettori astratti e necessari nell'enunciazione della retorica umanitaria, risvolto delle strategie biopolitiche di amministrazione dei corpi: il corpo del reato, che dovrebbe spingere tutti al rispettoso silenzio, è invece terreno di conquista delle logiche securitarie e delle politiche, sicuramente conservatrici e contemporaneamente propedeutiche ai meccanismi capitalisti di estrazione di valore-sia esso materiale, reputazionale, sessuale o cognitivo.

Tutta la prudenza e il rispetto per la vittima scompaiono di fronte allo scempio che non solo su quel singolo corpo ma sulla collettività dei corpi differenti si sta compiendo: in nome della vita continuano ad essere prodotti ed emendati dispositivi normativi che attaccano la vita stessa, in nome dell'ordine e della sicurezza: prendere parola, pur nella saturazione mediatica dell'evento, diventa non solo una mera dichiarazione retorica ma una chiara presa di posizione, una esposizione del desiderio critico di sapere e di quello, molto più materiale, di una libertà come pratica costante delle differenze.

Vincenzo M. Di Mino