Storia della Scuola
Gli uomini dell'Accademia
Cenni di storia della Facoltà
di
Marcello De Maria
La storia dell'insegnamento delle scienze mediche a Palermo abbraccia un arco di tempo ben più ampio di quello trascorso dal 12 gennaio 1806, data in cui veniva pubblicato il diploma reale che trasformava la Reale Accademia Palermitana degli Studi in Università.
Infatti, tralasciando l'antichità nella quale la storia trascolora nelle nebbie della leggenda, è certo che durante la dominazione musulmana esercitarono nella nostra città medici siciliani i cui nomi arabi sono giunti fino a noi, spesso attraverso l'opera dell'islamista Michele Amari. Anche nei secoli XI-XIII durante le epoche normanna e sveva operarono nella nostra città medici che svolgevano funzioni di insegnamento nei confronti di apprendisti che venivano poi esaminati, per l'autorizzazione ad esercitare, da delegati regi o successivamente dai professori della Scuola Medica Salernitana.
E' accertato, ad esempio, che nel 1166 fu a Palermo, proveniente da Salerno, Romualdo Guarna, celebre medico, ecclesiastico e politico, che venne chiamato al capezzale del re normanno Guglielmo I d'Altavilla, fatto questo che conferma i rapporti fra la capitale siciliana e la scuola salernitana. Quando poi nel 1224 Federico II fondò l'Università di Napoli, inserì nei relativi decreti le norme che dovevano regolare nel regno lo studio e l'esercizio delle arti medico-chirurgiche, e nelle costituzioni di Melfi del 1231 ribadì l'obbligo degli esami di abilitazione da sostenersi a Salerno. Federico curò addirittura la definizione del curriculum degli studi necessari per divenire medico, consistente in un triennio di studi di logica e letteratura e un quinquennio di medicina. Pochi anni dopo con un ulteriore decreto stabilì che la medicina si potesse insegnare, su incarico del governo cittadino, anche in città diverse da Salerno e Napoli, e quindi ovviamente anche a Palermo, ma previo esame di idoneità sostenuto davanti a rappresentanti del re e a istruttori qualificati, i soli autorizzati a rilasciare il titolo di Maestro. Si ha notizia anche di un medico, maestro Mopsen, che nel 1271, proveniente da Palermo, venne chiamato ad insegnare medicina nella scuola salernitana.
Ma il primo vero maestro di medicina di cui si hanno ampie e certe notizie storiche, dotato di un profilo assimilabile a quello del docente universitario, comincia ad operare a Palermo quasi tre secoli più tardi, nel 1553, anno in cui nello Studio pubblico generale, istituito già nel 1498 nel chiostro di S. Domenico, viene chiamato in qualità di lettore di medicina Giovanni Filippo Ingrassia da Regalbuto (1510-1580). Questi, laureato nell'Università di Padova, ove era stato discepolo del sommo Vesalio e di Falloppio, aveva insegnato presso l'Università di Napoli ove aveva acquisito solida fama di eccellente medico e docente, tanto da meritare l'eposizione in quell'ateneo della sua effigie con l'iscrizione Philippo Ingrassiae Siculo qui veram medicinae artem atque anatonem enarrando Neapoli restituit discipuli memoriae causa P.P.M.D. Durante il soggiorno napoletano Ingrassia aveva scoperto all'interno dell'orecchio un elemento ossiculare fino ad allora sconosciuto cui diede il nome di staffa. A Palermo Ingrassia, chiamato dal Comune per volontà del vicerè Giovanni de Vega, tenne un corso triennale teorico-pratico fondato sulle opere di Ippocrate, Galeno, Avicenna, Razis. Purtroppo le importanti cariche pubbliche che gli furono in seguito conferite, e che onorò ai massimi livelli, lo distolsero presto dall'insegnamento. Fu infatti nominato Protomedico del regno nel 1563 e Consultore e Deputato per il tempo della peste nel 1575.
Alla sua morte il Consiglio Civico pubblicò postuma in suo onore l'opera In Galeni librum de ossibus doctissima et expectatissima commentaria. Alla sua memoria, in tempi molto più recenti (seconda metà dell'800) fu intitolata la sala donne della Clinica Medica nell'Ospedale della Concezione.
I successori di Ingrassia non sono altrettanto famosi, comunque è certo che l'insegnamento della medicina continuò anche senza caratteristiche specifiche di corso universitario, e a tal fine nel 1621 veniva costituita nello Spedale Grande l'Accademia di Anatomia fondata, con il favore del viceré Francesco di Lemos conte di Castro, da Baldassarre Grassia (o Garcia), uno dei più valenti medici dell'epoca. Il Grassia istituì nello Spedale una cattedra di anatomia e chirurgia assegnando venticinque scudi annui quale emolumento per il lettore. Alla sua morte, nel 1623, gli succedette il medico Giacomo Vetrano, ma dopo qualche anno l'attività dell' accademia si spense. Non ne andò però perduta la memoria, tanto che su quell'esempio veniva istituita nel 1645, nella Casa di S. Ninfa dei padri Crociferi, l'Accademia dei Jatrofisici e di Medicina.
Fondatore ne fu Paolo Pizzuto barone della Carruba e di Torre Rotonda, protomedico di Sicilia. L'Accademia ebbe sede poi in una casa privata nei pressi della chiesa della Martorana e in seguito presso l'antica chiesa di S.Lucia adiacente lo Spedale, donata nel 1672 dal Senato palermitano. In questa sede si distinse, per l'opera di organizzatore e per la valentia nell'insegnamento medico e nella professione Ottavio Cuttano (o Cattano). Nell' accademia che fu anche chiamata Archiliceo di Medicina, pur priva di teatro anatomico, si insegnavano anatomia e chirurgia, anche con dissezione su cadavere, e si tenevano conferenze ad opera dei maggiori medici della città: tra essi ricordiamo Giuseppe Galeani, Giuseppe Di Gregorio e Russo, Michele Gallo, noto anche all'estero, Gaspare Cannata e Giorgio Castagna.
All'Accademia veniva anche affidato il compito di scegliere sia i medici da assumere negli ospedali sia quelli cui conferire, a riconoscimento di particolari meriti nello studio, borse di studio da usufruire anche all'estero, derivanti da un fondo di tremila onze lasciato al Senato da monsignor Marco La Cava. Nel 1738 una borsa di studio fu assegnata al giovane Giuseppe Mastiani (1715-1756) che grazie ad essa potè soggiornare per sei anni a Parigi ove operavano i più famosi medici del tempo.
Nel 1742 intanto, su proposta del senato, re Carlo di Borbone promulgava il nuovo statuto della riformata Reale Accademia Palermitana dei Medici cui venivano ufficialmente riconosciute le funzioni didattiche. Nel 1744 tornava a Palermo con ampi riconoscimenti dei suoi tutori francesi tra cui il celeberrimo Winslow, il Mastiani, che veniva nominato lettore di anatomia e chirurgia nello Spedale. Questi fece acquistare in Francia, da parte del Senato, oltre cinquanta tra i più moderni strumenti chirurgici allora disponibili che lo misero in grado di effettuare tutti gli interventi chirurgici in quel tempo praticabili. Purtoppo anche l'insegnamento del Mastiani non durò a lungo: moriva infatti nel 1756, appena quarantunenne. Negli anni immediatamente seguenti tennero alto il nome dell'Accademia palermitana Baldassare Fagiani, medico ippocratico, Giuseppe Salerno e Paolo Graffeo autori di celeberrimi modelli anatomici tuttora esistenti a Napoli. Tra la fine del secolo e l'inizio dell'Ottocento emergono, quali epigoni dell'Accademia, il titolare del primo insegnamento autonomo di fisiologia Giuseppe Gagliani, e il patologo Rosario Scuderi. Anche il famoso abate Giovanni Meli, più celebre come poeta e letterato (infatti non era medico) tenne in quel periodo in accademia un corso di botanica, materia che per certi versi può esser considerata progenitrice della farmacologia. Ultimo insegnante di medicina pratica in Accademia fu Mariano Dominici, dotto e famoso medico di Termini Imerese.
Dopo secoli di inascoltate richieste, con diploma reale del 12 gennaio 1806, che faceva seguito al dispaccio del 3 settembre 1805, la Reale Accademia palermitana degli Studi veniva finalmente trasformata in Università con sede nella Casa dei Padri Teatini di S.Giuseppe sita in via Maqueda.
L'istituzione dell'Università rese subito evidenti le necessità di adeguati supporti per la Facoltà di Medicina quali laboratori, sale settorie e strutture ospedaliere, tutti assolutamente carenti nella sede del Collegio Massimo dei gesuiti che allora ospitava tutti gli insegnamenti. Dovendosi questa restituire ai gesuiti come tutte le altre proprietà precedentemente confiscate all'epoca dell'espulsione dell'ordine dal Regno, era comunque chiaro che anche la nuova sede del convento dei Teatini era del tutto inidonea.
Fu allora praticamente obbligata la scelta dello Spedale Grande, ospitato nel trecentesco Palazzo Sclafani, quale sede dell'insegnamento della medicina. All'inizio i primari, che continuarono a gestire i reparti, fecero anche lezioni, senza però che venisse loro accordato alcuno status universitario.
Nei primi decenni di attività della nuova Università spicca la figura di Giovanni Gorgone (1801-1868) che ottenne giovanissimo la cattedra di anatomia e che si adoperò per la costruzione di un teatro anatomico e di una biblioteca nella sede dell'università. Gorgone è autore di importanti studi anatomici fra cui risaltano quelli sulla natura dei denti e sull'intima vasale, che gli valsero riconoscimenti anche in campo internazionale. Successivamente Gorgone divenne docente di chirurgia e tenne corsi di anatomia patologica, disciplina da lui promossa e a cui diede grande impulso per circa un ventennio. Anche come chirurgo e docente di chirurgia egli dimostrò grande valore, sì da poter essere a ragione ritenuto fondatore sia della scuola anatomica che di quella chirurgica. Tra i suoi allievi e successori vanno ricordati l'anatomico Giovanbattista Gallo e i chirurghi Enrico Albanese e Giovanni Misco.
A Gorgone infine si deve il trasferimento della sua cattedra nel 1867 nel Convento della Concezione trasformato in Ospedale d'insegnamento.
Nella metà dell' 800 grande interesse suscitano gli studi di fisiologia, ed è in questa disciplina che l'ateneo palermitano vanta, sia pure per breve tempo, un'altra figura di grande rilievo: Michele Foderà (1792-1848). Nato ad Agrigento, allievo a Parigi del Magendie, premiato per alcuni suoi lavori sull'assorbimento dalla Accadémie Royale des Sciences e nominato membro dell' Institut Royal de France, ottiene la cattedra a Palermo nel 1841 ma diviene presto inviso alle autorità per le sue idee liberali, fino a dover patire cinquanta giorni di prigione. Nel 1846 torna da esule a Parigi ove più che alla fisiologia si dedica alla politica frequentando assiduamente i circoli liberali. Ritorna a Palermo nel 1848 in occasione dei moti rivoluzionari scoppiati anche nella nostra città, ma vi trova la morte il 30 agosto di quello stesso anno. Foderà, che è autore anche di fondamentali studi di neurofisiologia, è oggi considerato uno dei fondatori della fisiologia sperimentale.
Nonostante la presenza di luminari quali Gorgone e Foderà e di altri eccellenti docenti quali Nicolò Cervello (materia medica), Placido Portal (clinica medica), Mariano Pantaleo (ostetricia) che fu anche preside e presidente dell'accademia medica, Socrate Polara (oftalmologia), l'insegnamento della medicina lamentava grossi problemi quali la mancanza di strutture cliniche universitarie indipendenti dagli ospedali. L'insegnamento in ospedale risultava infatti poco efficiente e soprattutto sul versante pratico delle discipline chirurgiche era difficile ottenere buoni risultati didattici.
Nella seconda metà dell'800 oltre ai professori palermitani nella nostra facoltà transitano anche docenti provenienti da altre università quali il clinico medico Carlo Maggiorani, romano che nel 1870 rientrerà nella sua città e Francesco Randacio, proveniente da Cagliari, anatomico che sarà preside e concluderà a Palermo la sua attività. A lui si deve la costruzione del nuovo Istituto di anatomia, costruito sui bastioni di Porta Carini, nelle vicinanze dell'ospedale della Concezione, e inaugurato il 27 ottobre 1884. Altro professore "d'importazione" fu Corrado Tommasi Crudeli, fiorentino, vincitore di un concorso per la cattedra di anatomia patologica nel 1865. Tommasi Crudeli era stato allievo di Claude Bernard a Parigi e di Virchow in Germania. Spirito indomito, si era arruolato nei Mille ed era stato ferito nelle battaglie sostenute dai garibaldini in Sicilia. Studioso di malattie infettive, partecipò con funzioni direttive alla lotta contro il colera nel 1866, e spostò la cattedra nei nuovi edifici di Porta Carini. Nel 1872 si trasferì a Roma dove, nel 1882 optò per la cattedra di igiene. Fu deputato al parlamento e Senatore del regno.
Tra i locali, figura di particolare rilievo in questo periodo è Enrico Albanese (1834-1889), allievo di Gorgone, professore dapprima di anatomia topografica e successivamente, dal 1868 al 1888, di clinica chirurgica. Albanese fu un ottimo chirurgo generale ma si distinse in particolare in chirurgia ortopedica e traumatologica. Fu preside della facoltà nel triennio 1881-83 e fondò l'Ospizio marino, che è tutt'oggi a lui intitolato. Grandemente impegnato nella professione e nella politica, partecipò anch'egli alla spedizione dei Mille e curò Garibaldi ferito in Aspromonte.
Nel 1881 il clinico medico di Roma, Guido Baccelli, Ministro della Pubblica Istruzione, promuove una riforma universitaria che prevede che tutti gli insegnamenti divengano dimostrativi e sperimentali e che essi vengano raggruppati, con criteri di affinità scientifica, in istituti che vangano denominati come la disciplina principale o con una dizione sintetica. Nell'Università di Palermo vengono creati gli istituti non clinici di anatomia, fisiologia, patologia, materia medica, farmacologia, tossicologia, igiene e medicina legale e le cliniche medica, chirurgica, dermosifilopatica, ostetrica e oculistica.
Questa riforma, certamente adeguata ai più recenti sviluppi delle scienze mediche, acuisce le carenze della facoltà soprattutto in termini di locali da adibire a laboratori sperimentali che sono di difficile realizzazione soprattutto nella sede centrale dell'ex convento dei padri Teatini.
Si era infatti riusciti a creare nuovi istituti per l'anatomia e l'anatomia patologica a porta Carini per merito del già citato Randacio, e per l'igiene nel 1894 in via Divisi, nell'ex monastero delle ree pentite, ad opera di Luigi Manfredi, fondatore della scuola d'igiene palermitana, che fu anche preside e rettore magnifico.
Nel 1914 trovava finalmente sede adeguata in un nuovo edificio in corso Tukory, l'istituto di fisiologia retto da Francesco Spallitta. E' necessario ricordare uno degli allievi di Spallitta: Giuseppe Salvatore Pagano che fu assistente e libero docente in fisiologia, docente incaricato di chimica fisiologica e libero docente in patologia speciale medica. Pagano è una delle figure di autentica eccellenza della nostra università, ma non riuscì, malgrado rilevantissimi meriti scientifici nel campo della fisiologia in particolare del distretto encefalico, a raggiungere la cattedra. Nonostante ciò è doveroso ricordare come le sue ricerche di fisiologia gli abbiano meritato nel 1900 il premio Bourceret, nel 1903 una menzione dell'Institut de France, nel 1904 il premio Fossati, nel 1905 un premio dell'Accademia dei Lincei, nel 1908 il premio Lallemand, infine nel 1949 la proposta per il premio Nobel. Si noti anche che Heymans che aveva solo approfondito le sue ricerche sul seno carotideo ottenne per queste il premio Nobel per il 1938 e Hess, che aveva condotto ricerche analoghe a quelle di Pagano sul diencefalo, ebbe il premio Nobel nel 1949.
Tra i nomi di maggior spicco del periodo anche i patologi medici Gaetano Rummo (preside nel 1901-02) Liborio Giuffrè, che diviene clinico medico nel 1906 (preside nel 1904-05), e Giacinto Viola, e i chirurghi Giovanni Argento, preside nel 1916-17, Vincenzo Marchesano e Gaetano Parlavecchio, proveniente da Roma. Particolarmente prestigiosa la figura del clinico chirurgo Igino Tansini proveniente da Pavia, autore della prima gastroresezione per cancro effettuata con successo in Italia, grande figura di didatta, che intuì immediatamente le potenzialità diagnostiche dei raggi appena scoperti da Röntgen e solo pochi giorni dopo l'annuncio della scoperta, nel gennaio del 1896 invitò il fisico Damiano Macaluso ad effettuare durante la lezione di clinica chirurgica delle radiografie di arti, pesci, ed altri soggetti. Tansini fu anche preside nel 1898-99 e rientrò a Pavia, chiamato alla clinica chirurgica di quella facoltà nel 1903. Alla sua cattedra fu chiamato Ernesto Tricomi, allievo della scuola romana, anch'egli preceduto da chiara fama, e che viene considerato il fondatore della attuale scuola palermitana in un periodo di grande rinomanza della chirurgia del nostro ateneo.
Nelle specialistiche ricordiamo nel campo dell'oculistica Arnaldo Angelucci preside nel 1899-900 e il successore Giuseppe Cirincione, i dermatologi Pierleone Tommasoli, allievo di Murri a Bologna e di Kaposi a Vienna, preside nel 1902-03, e il successore Luigi Philippson, tedesco di Lubecca che istituì un reparto di radiumterapia e plesioröntgenterapia. Il prestigio dell'oculistica e della dermosifilopatica di Palermo è in questi anni altissimo, con solidi collegamenti internazionali, tanto che le due scuole vengono considerate, in campo nazionale, di primissimo piano. In ostetricia si succedono alla cattedra Giuseppe Chiarleoni e Giovanni Casentino, entrambi laureati a Napoli e perfezionati a Vienna, Berlino e Londra.
Nel 1906 viene istituita la cattedra di pediatria e nel 1908 viene inaugurata la clinica pediatrica adiacente all'ospedale dei bambini. Direttore è Rocco Jemma cui succede, nel 1914 Giovanni Di Cristina.
Nel complesso gli anni che vanno dal 1881 (riforma Baccelli) alla prima guerra mondiale, annoverano a Palermo grandi figure di docenti medici che portano a livelli di eccellenza addirittura europea molti settori della facoltà; il prestigio dell'ateneo palermitano è inoltre provato, in questi anni, da vari congressi di società scientifiche quali quelle di igiene, oftalmologia, ginecologia, che scelgono Palermo come sede delle loro assise nazionali.
Negli anni della grande guerra molti docenti della facoltà, così come gli studenti, partecipano agli eventi bellici, e l'insegnamento non può non risentirne. Anche in quegli anni comunque, continua l'impegno della medicina universitaria palermitana sia in termini di assistenza che di evoluzione scientifica e di crescita organizzativa. Inizia in questi anni (1914) la direzione della clinica pediatrica da parte di Giovanni Di Cristina (1875-1928), uomo di straordinario valore scientifico e umano, autore di importanti studi di indirizzo pediatrico sulla tubercolosi, l'anafilassi, le patologie della nutrizione, la Leishmaniosi. La sua grande sensibilità è dimostrata dal fatto che, privo di figli, durante il periodo natalizio era solito recarsi in clinica carico di doni che distribuiva ai piccoli pazienti. Fondò la Casa del sole Ignazio e Manfredi Lanza di Trabia destinata alla cura della tubercolosi infantile e l'Aiuto materno per l'assistenza ai figli dei militari. Fu anche direttore dell'Ospedale dei bambini.
Nel periodo tra le due guerre si segnala l'attività dell'Istituto di fisiologia nei nuovi locali di corso Tukory ove operano Ugo Lombroso, autore di interessanti studi sul metabolismo, che si macchiò però della grave colpa dell'allontanamento del già citato Giuseppe Salvatore Pagano, e l'astigiano Camillo Israele Giuseppe Artom che, lavorando in collaborazione col fisico Emilio Segrè (uno dei "ragazzi di via Panisperna" della scuola di Fermi, premio Nobel nel 1949, in quegli anni professore universitario a Palermo) e col cristallografo Carlo Perrier, dimostrava l'equilibrio dinamico dei sistemi biologici mediante l'incorporazione attiva del radiofosforo nei fosfolipidi.
Nel 1926 nasce, in seno alla clinica medica diretta da Liborio Giuffrè, l'istituto di radiologia: dell'insegnamento viene incaricato Giuseppe Epifanio. Va comunque ricordato che nella clinica medica dell'ateneo già nel 1901 era stato impiantato uno dei primi gabinetti radiologici universitari italiani, per merito del clinico medico Gaetano Rummo e di Mario Orso Corbino, aiuto della cattedra di fisica, e che l'università di Palermo aveva ospitato, nel 1923, il V congresso nazionale della Società italiana di radiologia medica.
E'questo un periodo in cui è generalmente rapido il turnover dei professori, che spesso si fermano a Palermo per un triennio o poco più, probabilmente anche per l'infelice situazione logistica.
Infatti l'espandersi delle conoscenze, la sempre crescente necessità di laboratori e il numero degli studenti che ormai è stabilmente di circa 500 iscritti, rende insostenibile e inconciliabile con una efficiente attività didattica la situazione logistica della facoltà. Ma malgrado esistesse già nel 1919 un progetto di massima per la costruzione di un policlinico universitario, soltanto nel 1926 veniva stanziato un finanziamento, nel 1928 venivano appaltati i lavori, e i primi padiglioni non venivano resi disponibili, peraltro incompleti, che per l'anno accademico 1936-37, quando venne in visita a Palermo, con una breve puntata anche al nuovo policlinico, il capo del governo Benito Mussolini: si trattava dell'edificio destinato ad accogliere medicina legale e farmacologia, di quello per anatomia umana normale e anatomia patologica e di quello per la patologia medica e patologia chirurgica.
Le leggi razziali del 1938 contagiarono della loro ignominia anche la facoltà di medicina di Palermo con la radiazione dall'insegnamento di Maurizio Ascoli, che, proveniente dalla patologia medica ove gli era succeduto Sebastiano La Franca, aveva preso il posto lasciato libero nel 1929 in clinica medica da Liborio Giuffrè ed era stato preside nel triennio 1933-35. Lo stesso odioso provvedimento fu preso a carico del fisiologo Camillo Artom.
Il secondo conflitto mondiale ebbe ovviamente, fra le sue nefaste ricadute, anche uno snaturamento dell'attività del policlinico nel quale ovviamente i compiti assistenziali divennero nettamente predominanti, e che fu anche parzialmente occupato dalle forze armate. Riportò inoltre danni a causa dei pesanti bombardamenti che Palermo dovette subire poco prima dell'occupazione da parte degli Alleati. Questi ultimi fornirono poi rilevanti aiuti nella fase di ricostruzione, nella quale collaborarono con la facoltà, in cui era intanto stato reintegrato Maurizio Ascoli.
Alla fine del 1947 nel policlinico si trovavano tutte le cliniche e gli istituti che era previsto ne facessero parte.
Tra la fine della guerra e gli anni '60 l'attività della facoltà fa registrare un periodo di crescita nel complesso serena e produttiva. Il policlinico si arricchisce di grandi e moderni istituti di igiene, di radiologia, di odontoiatria, di urologia, di un centro di microscopia elettronica, di una biblioteca centrale.
Tra gli anni '50 e '70 operano nel nostro ateneo insigni docenti, alcuni dei quali sono stati maestri di chi scrive e in generale degli attuali professori. Citarli tutti esula dalle finalità di queste brevi note: ne ricordiamo qui solo alcuni, tra coloro che non sono più tra noi: il biologo Giuseppe Reverberi, gli anatomici Zaccaria Fumagalli, Arcangelo Pasqualino ed Enzo Nesci, il biochimico Filippo Cacioppo, i fisiologi Vittorio Zagami e Giuseppe La Grutta (quest'ultimo anche rettore), il patologo generale Giovanni Federico De Gaetani, il patologo medico Giuseppe Schirosa, l'igienista Giuseppe D'Alessandro che fu anche preside e rettore, il radiologo Pietro Cignolini, l'anatomopatologo Paolo Craxì, l'otorinolaringoiatra Ettore Borghesan, l'odontoiatra Giuseppe Messina, il dermatologo Aldo Baccaredda, il medico del lavoro Giovanni Fradà, i clinici chirurghi Saverio Latteri e Gioacchino Nicolosi, il pediatra Michele Gerbasi, che fu anche rettore, i clinici medici Aldo Turchetti e Vittorio Scaffidi.
Si deve a questi professori la continuazione dell'opera dei fondatori delle scuole nelle quali essi stessi si erano formati e a cui il loro magistero procurò rinnovato prestigio, e la fondazione di nuove: è in questi anni, ad esempio, che prendono corpo la scuola cardiologica, oggi guidata da allievi di Turchetti e di Schirosa, quella radiologica proseguita dagli allievi di Cignolini, quella odontoiatrica di Giuseppe Messina, quella di Medicina del lavoro fondata da Fradà. Anche coloro che operarono nel solco di maestri fondatori già citati in queste brevi note, hanno però lasciato un'indelebile impronta su quanti ancora oggi operano nella nostra Facoltà: i docenti del 2000 sono infatti considerati, ed essi ne rivendicano con orgoglio la discendenza, gli allievi di Latteri, di Gerbasi, di D'Alessandro, di Reverberi, e degli altri su menzionati.
Ma nel 1968 il vento della contestazione giovanile e studentesca, che investe tutto l'Occidente, sconvolge l'organizzazione dell'università, mettendone a nudo i problemi nei rapporti con la società moderna e creandone di nuovi di difficilissima soluzione.
La liberalizzazione degli accessi, rivendicata e ottenuta dai contestatori, ma purtroppo con esiti nefasti, fa lievitare in modo insostenibile le immatricolazioni, che divengono migliaia nei primi anni '70, rendendo del tutto inadeguate le strutture didattiche e la consistenza numerica del corpo docente, polverizzando, fra l'altro, il rapporto umano docente-discente. La successiva moltiplicazione delle cattedre rende ancor più evidente la carenza di spazi e i conseguenti disagi sia dei docenti che degli studenti.
Inoltre il DPR 27 marzo 1969 n.129 che equiparava le cliniche universitarie a strutture ospedaliere, alterava ulteriormente il rapporto tra l'attività didattica e di ricerca e quella assistenziale a favore di quest'ultima. Il concetto di assistenza finalizzata alla didattica e alla ricerca sfumava così progressivamente in una ospedalizzazione tout court che rendeva oltremodo difficile ricavare nella routine assistenziale spazi e tempi da dedicare all'attività più peculiare dell'università.
Nonostante queste difficoltà la facoltà di medicina anche in quegli anni di "astratti furori", sotto la guida del Preside Pietro Benigno ha continuato a formare medici, specialisti e docenti di buon livello, in non pochi casi anche di eccellenza, che hanno conquistato notorietà in campo nazionale e internazionale. Negli anni successivi è poi aumentato, a dispetto dell'insufficienza strutturale e finanziaria e a costo di pesanti sacrifici, il numero dei laboratori, sono stati istituiti un corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e numerosi corsi di diploma universitario, è stato istituito un polo didattico a Caltanissetta.
Ha inoltre avuto inizio la dipartimentalizzazione della Facoltà che dovrebbe, a medio termine, ristrutturarne per aree affini o che comunque riuniscono discipline per le quali sono prevedibili fruttuose sinergie, la complessa articolazione didattica e scientifica. Anche dal punto di vista gestionale sono state introdotte novità che più che ad una riforma sono assimilabili ad un autentica palingenesi: è stata creata, secondo normativa, l'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico con il compito di assicurare una gestione dell' assistenza più moderna, funzionale e rispondente alle esigenze economiche attuali che impongono, com'è noto, stringenti limiti di bilancio.
I docenti degli anni '80 e '90, che hanno vissuto e vivono queste profonde trasformazioni, fanno parte della cronaca di oggi e non è il caso di parlarne in questa breve rassegna storica che vuole percorrere i soli sfumati sentieri della memoria; è però doveroso ricordare, tra di essi, Paolo Giaccone, medico legale ed eroe della lotta alla mafia, che al senso del dovere morale e professionale immolò la vita, al cui nome, simbolo di coraggio e rettitudine, è oggi intestato il policlinico universitario.
Negli anni attuali, con la seppure tardiva regolamentazione degli accessi, con l'avviarsi a risoluzione di alcune pesanti controversie economiche, e con l'instaurarsi di condizioni più promettenti nei rapporti con la Regione, esistono favorevoli premesse per una nuova fase di crescita scientifica, conditio sine qua non per la qualificazione didattica e assistenziale di una moderna facoltà di medicina e chirurgia.
In questo periodo di intensa e protratta ristrutturazione dell'università italiana, con la già operativa riforma dei corsi di laurea e più in generale di tutto il sistema della didattica universitaria compreso l'imminente riordino delle scuole di specializzazione, anche la Facoltà medica palermitana vive una nuova fase di profonda riorganizzazione cui partecipano, con rinnovato collegiale entusiasmo tutte le componenti, nell'ottica del perseguimento del fine principe dell'università: produrre cultura, educare all'etica e alla deontologia e trasmettere questo prezioso patrimonio, fondamento del vivere civile, alle nuove generazioni.
Bibliografia essenziale
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