RICERCA/Le nuove frontiere della sicurezza alimentare
Le tecniche messe in campo dall’Università degli Studi di Palermo nel campo delle biotecnologie molecolari aprono nuove prospettive in tema di tracciabilità delle produzioni tipiche. Non si tratta più di fantascienza, ma di una reale possibilità: mettere le biotecnologie molecolari al servizio della sicurezza alimentare. È quello che fa l’Università degli Studi di Palermo che, grazie a un progetto PON R&C dal titolo Valorizzazione delle produzioni lattiero-casearie siciliane, mediante applicazioni biomolecolari, chimiche e nutrigenomiche, continua a impegnarsi per definire un sistema di tracciabilità genetica, sempre più accurato e univoco, dei prodotti tipici.
Il gruppo di ricerca di Baldassare Portolano, professore di Genetica Animale e responsabile scientifico del progetto, è in realtà impegnato da anni nello studio e nella messa a punto di applicazioni molecolari per la tracciabilità genetica delle produzioni lattiero-casearie tipiche.
La novità è, però, ora degna di nota. Se, in precedenza, il sistema di autenticazione dei prodotti lattiero-caseari era basato sull’analisi di un limitato numero di marcatori genetici, adesso i ricercatori dell’Università palermitana sono in grado di analizzare l’intero genoma dell’animale, in cui sono presenti centinaia di migliaia di marcatori, ottenendo sequenze di DNA
specifiche per ogni razza studiata. Attraverso il successivo confronto del DNA estratto dal formaggio con quello proveniente dalle differenti razze è possibile ottenere risposte certe sull’autenticità delle produzioni e svelare, quindi, eventuali frodi o contraffazioni.
Un’analisi basata sul sequenziamento dell’intero genoma, anziché su una parte di esso, che guadagna quindi in precisione e affidabilità, innalzando al contempo i livelli di qualità merceologica dei prodotti destinati al consumo alimentare.
Cinque sono in particolare le razze bovine il cui genoma è stato sequenziato - Frisona, Bruna, Pezzata Rossa Modicana e Cinisara – e quattro le razze ovine - Valle del Belice, Comisana, Pinzirita e Sarda. Si è quindi ora in grado di rilevare l’eventuale presenza di latte contaminante in formaggi definiti monorazza dal relativo Disciplinare di Produzione. Per fare un esempio, analizzando il DNA estratto da un Ragusano DOP è ora possibile capire se esso è stato prodotto solo con latte di Modicana, così come previsto dalla tradizione , o se in esso è presente, anche in minima parte, latte proveniente dalla Frisona. Il risultato è univoco e molto più attendibile rispetto a tutti gli altri strumenti diagnostici perché basato su dati oggettivi, ottenuti dalla comparazione della “stringa” di DNA estratto dal formaggio con la “stringa” di DNA specifica di ogni razza.
“Un lavoro complesso, dunque, reso possibile grazie al solido patrimonio umano e tecnologico di cui dispone il Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali - spiega Baldassare Portolano che, insieme al suo gruppo, ha utilizzato la piattaforma “Illumina”, per il sequenziamento di interi genomi, ottenendo informazioni che possono ora essere messe a disposizione di Consorzi di tutela, enti pubblici e imprese che hanno come obiettivo la sicurezza alimentare.