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Plasma in corsa su autostrade magnetiche

30-mar-2018

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Un nuovo studio mostra che il plasma emesso da poderosi brillamenti prodotti da giovani stelle nella nebulosa di Orione si propaga attraverso dei tubi magnetici fino a raggiungere i dischi protoplanetari che le circondano. Alla guida del team c'è Fabio Reale, ricercatore dell'Inaf e professore dell'Università di Palermo

 

    Una immagine elaborata al calcolatore che riproduce il passaggio di un fiotto di plasma all’interno di un tubo magnetico che collega una stella al suo disco protoplanetario. Crediti: Reale et al.Uno studio in collaborazione tra Inaf-Osservatorio Astronomico di Palermo, Università di Palermo e Università Carlo III di Madrid, e appena pubblicato su The Astrophysical Journal, mostra che giganteschi brillamenti in giovani stelle della nebulosa di Orione si sviluppano in lunghi tubi magnetici che collegano le stelle ai loro dischi protoplanetari.

Le stelle si formano da grandi nubi che si contraggono e collassano su sé stesse sotto l’effetto della forza di gravità. Della nube iniziale rimane un residuo che forma un disco schiacciato di materiale che orbita intorno alla protostella. Da questo disco precipita ancora del materiale sulla stella. Il bordo interno del disco viene progressivamente eroso dall’attività della stella stessa e si pensa che i flussi in caduta dal disco sulla stella scorrano lungo canali magnetici. Infatti le giovani stelle ruotano velocemente e sviluppano intensi campi magnetici che si estendono presumibilmente fino al loro disco.

Sul Sole il campo magnetico non è così intenso, ma localmente può intensificarsi e rilasciare improvvisamente energia determinando forti esplosioni dette brillamenti, ben visibili specialmente nella banda dei raggi X e dell’estremo ultravioletto. I brillamenti possono essere intensi quanto e più dell’intera corona solare e la loro temperatura sale da qualche milione a oltre dieci milioni di gradi.

Anche le gigantesche strutture magnetiche sulle stelle giovani vengono messe sotto stress e vi si verificano brillamenti che sono migliaia di volte più intensi che sul Sole e in cui la temperatura può superare i cento milioni di gradi. Nelle regioni di formazione stellare se ne osservano in continuazione e a volte le stelle vengono rivelate proprio in conseguenza dell’aumento di emissione X durante i brillamenti. Sul Sole i brillamenti hanno breve durata, da alcuni minuti a qualche ora, ma sulle stelle giovani possono durare anche più di un giorno. La nebulosa di Orione contiene centinaia di stelle appena formate e moltissime mostrano grandi brillamenti. Di recente, grazie alla campagan osservativa “Chandra Orion Ultradeep Project”, un’osservazione della Nebulosa di Orione realizzata con il satellite Chandra e lunga 13 giorni, che ha visto un forte coinvolgimento dell’Osservatorio Astronomico di Palermo, si è scoperto che alcuni di questi lunghi e violenti brillamenti mostrano delle oscillazioni nell’intensità nei raggi X con  periodi di qualche ora.

I recenti modelli idrodinamici realizzati dal team di ricercatori guidato da Fabio Reale (professore dell’Università degli Studi e Osservatorio Astronomico di Palermo) che simulano iniezioni di energia in tubi magnetici dimostrano che queste oscillazioni sono prodotte da plasma che viaggia a grande velocità avanti e indietro lungo i tubi magnetici che hanno lunghezze di parecchi raggi solari. «Che tubi magnetici così lunghi esistano e siano sede di brillamenti è oggetto di acceso dibattito – dice Fabio Reale, che ha diretto la ricerca. Il nostro studio porta una prova molto forte, perché è difficile immaginare che un comportamento così coerente su scale di tempo talmente lunghe possa essere generato in strutture più piccole che si accendono all’unisono. Il modello invece riproduce le oscillazioni in modo quantitativo e senza forzature. È chiaro che queste esplosioni possono avere un impatto molto importante sul disco, da cui si formano i pianeti».

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