Salta al contenuto principale
Passa alla visualizzazione normale.

Lo scheletro di Thea, la “prima donna di Sicilia”, custodito al Museo Gemmellaro di UniPa, eletto Fossile Regionale

Ascolta

Lo scheletro di Thea, una donna di circa trent’anni, alta 1.65 m e vissuta nel Paleolitico superiore (14.750 anni fa datazione al carbonio), custodito al museo Geologico “Gaetano Giorgio Gemmellaro del Sistema Museale di Ateneo dell’Università degli Studi di Palermo e che ad oggi rappresenta la più antica testimonianza della presenza umana in Sicilia, è stato eletto “Fossile Regionale - Sicilia”.

Il riconoscimento è stato attribuito durante i Paleodays 2023 della SPI - Società Paleontologica Italiana nell’ambito dell’iniziativa “Fossili Regionali” organizzata online dal gruppo “Palaeontologist in Progress” della SPI con il coinvolgimento delle strutture museali del territorio nazionale per favorire la divulgazione e la conoscenza del patrimonio paleontologico italiano attraverso la selezione di un fossile simbolo per ogni regione.

“Thea è il nome dato affettuosamente allo scheletro proveniente dalla Grotta di San Teodoro (Acquedolci, Messina) custodito dal 1937 nel Museo Gemmellaro di UniPa – commenta il prof. Michelangelo Gruttadauria, Presidente del Sistema Museale di Ateneo - Lo scheletro era ricoperto da uno strato di ocra, intorno al cranio si ritrovarono 12 canini di cervo perforati, sicuramente facenti parte di una collana che cingeva il collo di Thea. Inoltre, intorno al corpo erano collocati numerosi strumenti litici che facevano parte del suo corredo funebre. Insieme a Thea sono stati ritrovati i resti scheletrici di altri sei individui, che fanno della grotta di San Teodoro la prima e più importante testimonianza di sepolture del Paleolitico superiore. Le analisi dei carboni e dei resti degli animali rinvenuti nel sito consentono di ipotizzare che l’ambiente fosse caratterizzato da ampie praterie, popolate dall’asino selvatico e dall’uro. L’elevata abbondanza di resti di cervi e cinghiali, inoltre, indica che esistevano anche ampie aree coperte da boschi. Grazie ai protocolli di antropologia forense nel 2007 è stato possibile ricostruirne il volto che è possibile ammirare all’interno della sala dell’Uomo del Museo”.