In quelle frontiere si scrive il futuro dell’Europa.
Comunicato del CIR Migrare dell’Università di Palermo sulle gravissime violazioni dei diritti di uomini, donne e bambini in cerca di asilo.
Il Centro Interdipartimentale di Ricerca Migrare dell’Università di Palermo esprime profondo sgomento per le violenze e le gravissime violazioni dei diritti fondamentali subite alla frontiera tra Polonia e Bielorussia da migliaia di uomini, donne e bambini inermi e in cerca di protezione.
Dovrebbe essere sufficiente ad allarmare le coscienze di ciascuno e ciascuna di noi già il fatto che ai parlamentari europei nell’esercizio delle loro prerogative, come ai giornalisti internazionali che esercitano il loro diritto di cronaca, sia vietato avvicinarsi a quel confine; o che donne e uomini della società civile rischino ogni giorno e ogni notte di essere arrestati perché cercano di salvare la vita di altri esseri umani, portando loro vestiti, acqua e cibo.
Quello che sta accadendo non è solo disumano – come è possibile che un bambino siriano di un anno muoia di freddo in una foresta europea perché non riesce a chiedere asilo in uno Stato membro dell’Ue? – ma è anche assolutamente illegale. I respingimenti di massa sono vietati dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (art. 4, Protocollo 4), come dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 19).
Il diritto d’asilo, sancito all’art. 18 della stessa Carta, è un diritto universale (art. 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani), non soggetto ad alcuna forma di discriminazione né condizionalità: il rispetto dei suoi principi, a partire da quello di non-refoulement, è obbligo inderogabile per ogni stato membro dell’Ue.
Eppure, duemila persone in fuga da guerre e persecuzioni sono descritte come “un tentativo di destabilizzare l’Europa”, senza dire che nello stralcio costante del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto dell’Ue è la vera fonte di destabilizzazione di tutto quello su cui l’Unione europea ha dichiarato di fondarsi.
La Bielorussia è accusata di utilizzare i profughi come armi contro la Polonia e l’Unione europea. Ma le violenze polacche e i respingimenti di massa, dalle fatali conseguenze, che stanno avvenendo con l’avallo delle istituzioni europee, sono l’arma che l’Europa sta rivolgendo contro se stessa.
Non sono solo i diritti degli “altri” ad essere calpestati. È il nostro stato di diritto; sono le garanzie e i principi assunti come fondamentali anche dalle costituzioni europee, come quella italiana; è lo stesso progetto di un’Unione fondata sul diritto e sui diritti a naufragare ai confini dell’Europa.
Lo vediamo in tanti Stati membri a trazione sovranista, in cui sessismo, omofobia, razzismo, nazionalismo e violazione dei diritti civili e delle libertà fondamentali stanno velocemente crescendo come fenomeni contigui.
Di fronte a tutto questo, la reazione delle istituzioni europee lascia sgomenti tanto quanto le azioni della Bielorussia e della Polonia. L’apertura di canali umanitari per poche migliaia di persone che hanno diritto di chiedere e ottenere protezione internazionale sarebbe stata sufficiente a disinnescare tutto l’orrore cui stiamo assistendo. Ma non è questa la scelta che l’Ue ha deciso di compiere, nonostante a quel confine ci siano anche tanti profughi di paesi, come l’Afghanistan, la cui crisi grava anche sulle coscienze del nostro continente.
Ma si tratta della stessa Ue che ha siglato un accordo come quello con la Turchia, nel 2016, che viola in blocco i principi che sostanziano il diritto d’asilo. Si tratta della stessa Ue che ha avallato e sostenuto il Memorandum siglato nel 2017, e rinnovato nel 2021, tra Italia e Libia, che ha permesso la cattura e il respingimento di 23.000 persone nel solo 2021 in quelli che anche Papa Francesco ha definito i lager del nostro presente.
In queste frontiere si sta scrivendo il futuro dell’Europa. E noi, docenti, ricercatori e ricercatrici, studiose e studiosi prendiamo posizione senza mezzi termini contro quelle politiche nazionali e dell’Unione europea che, nonostante il monito della storia del nostro continente, stanno sacrificando legalità costituzionale e dignità umana in nome di una realpolitik che non può che portare verso nuovi baratri.
All’Unione europea e ai suoi stati membri, a cominciare dal nostro, chiediamo di invertire la rotta prima che sia troppo tardi, e ci impegniamo a opporci a questa deriva, come possiamo, nelle nostre attività di insegnamento, ricerca, produzione e divulgazione del sapere.
Di seguito il link dell'appello a cui ha aderito il CIR Migrare tramite il presente comunicato: