Gruppo di ricerca del DiBiMed al “Centenarian tour” della Sicilia
Il gruppo di ricerca sull’Invecchiamento, della sezione di Patologia generale del DiBiMed, dell'Università degli Studi di Palermo, guidato dal prof. Calogero Caruso e dalla prof.ssa Giuseppina Candore, con la collaborazione di Giulia Accardi, Anna Aiello, Matteo Bulati, Caterina Maria Gambino e Sonya Vasto (Stebicef), grazie ad un finanziamento del MIUR (il prof. Caruso è Coordinatore nazionale di un Progetto PRIN sulla longevità 2017/2020), sta per iniziare il primo "Centenarian tour" della Sicilia. Obiettivo della ricerca sarà quello di caratterizzare, da un punto di vista genetico, epigenetico e dello stile di vita, centenari e soggetti di età diversa, sani, per poi confrontarli ed identificare eventuali tratti peculiari associati al fenotipo longevità. La ricerca durerà tre anni e sarà itinerante per tutta la Sicilia. La prima tappa sarà la zona dei Monti Sicani, dove, già qualche anno fa, lo stesso gruppo aveva reclutato e incontrato personalmente alcuni centenari.
Questi soggetti, che hanno raggiunto i 100 anni in buone condizioni di salute, rappresentano, senza dubbio, un buon modello per capire in che modo i fattori suddetti collaborino al mantenimento di una vita in buona salute. Ancora più interessante sarà studiare i figli dei centenari che rappresentano un eccellente modello per analizzare l’interazione tra genetica positiva e stile di vita perché hanno un’adeguata coorte di controllo, ovvero gli anziani sani, non figli di centenari.
Negli ultimi 160 anni, le popolazioni dei paesi industrializzati hanno guadagnato 3 mesi di vita ogni anno, grazie al miglioramento di alcuni fattori ambientali quali controllo delle infezioni, stile di vita e alimentazione. Anche il numero dei centenari è aumentato e i loro figli si ammalano di meno. Spesso, infatti, soggetti di 70-80 anni che hanno ottime performance sono figli di centenari.
Questo dato ci conferma che, come appreso da studi scientifici, la prima caratteristica per diventare centenari è una genetica positiva che, contribuendo al fenotipo longevità per il 25%, permette di rispondere efficacemente agli stimoli ambientali nel corso della vita, rallentando l’insorgenza del processo di invecchiamento, permettendo una migliore risposta allo stress cellulare e mantenendo l’equilibrio omeostatico più a lungo.
Con tale base genetica interagisce quotidianamente l’alimentazione che rientra in quelle condizioni definite ambientali che influenzano il fenotipo longevità per il 50%. E quando si parla di nutrizione, ci si riferisce sia alla quantità di cibo ingerito sia alla qualità. Ad esempio, la restrizione calorica e il digiuno intermittente, ovvero, rispettivamente, una riduzione del 20-40% dell’apporto calorico giornaliero ed un susseguirsi di periodi di digiuno, intervallati da fasi di alimentazione, hanno un’ azione benefica sulla salute, dato verificato sia in organismi modello sia nell’uomo stesso. Nell’essere umano, in seguito a questi regimi alimentari, si verifica un miglioramento di alcuni parametri quali la pressione arteriosa, il livello di lipidi nel sangue e la glicemia. A ciò consegue la riduzione dell’insorgenza di malattie su base infiammatoria, definite età-correlate, come alcuni tipi di tumore, alcune patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, malattie cardiovascolari, come l’infarto e l’ipertensione arteriosa, e metaboliche, come il diabete mellito di tipo 2. Inoltre, grazie ad una nuova branca della scienza, la nutraceutica, oggi sappiamo anche che scegliere specifici alimenti aiuta a contrastare alcuni disordini metabolici e serve come adiuvante di terapie farmacologiche, per attenuare sintomi di malattie.
Tuttavia, quali evidenze abbiamo che modificando la nostra dieta, pur senza una base genetica positiva, aumentiamo le probabilità di vivere sani più a lungo ed, eventualmente, di vivere cento anni? Studi su modelli sperimentali ci hanno permesso di valutare l’efficacia di un regime alimentare mediterraneo, nel breve termine. La Dieta Mediterranea, basata principalmente, sul consumo di verdure, frutta fresca e secca, carboidrati integrali, legumi, olive ed olio extra vergine di oliva, è risultata protettiva nei riguardi delle malattie età-correlate, grazie alla massiva presenza di nutraceutici, prevalentemente antiossidanti ed anti-infiammatori.
Ma è sufficiente cambiare la nostra dieta per diventare centenari? Intuitivamente possiamo immaginare che la probabilità di diventare centenari possa essere modificata da comportamenti virtuosi, quindi non solo da una dieta bilanciata ma anche da un costante e quotidiano esercizio fisico. Tuttavia, non esistono, ad oggi, evidenze forti in tal senso anche se, nuove e recentissime scoperte scientifiche rivelano che mangiare poco fa bene e “ringiovanisce” le nostre cellule.
Certamente possiamo ipotizzare e, verosimilmente, credere che la longevità sia una condizione multifattoriale che prevede l’interazione di una genetica positiva e di uno stile di vita che possa garantire una vita attiva e sana per lungo tempo ma per averne la certezza è necessario continuare a ricercare una firma genetica che sia riproducibile. Su questi presupposti si baserà questo nuovo progetto, stimolante sia per i ricercatori coinvolti sia per la popolazione tutta.
I risultati parziali e finali saranno condivisi sul social network facebook, nella pagina “Nutrizione e longevità”, creata dai giovani del gruppo che credono fermamente nella divulgazione scientifica non solo agli addetti ai lavori ma anche alla popolazione generale, oggi molto attenta e interessata agli avanzamenti della scienza che hanno importanti ripercussioni sulla vita quotidiana.
Chi volesse segnalare centenari o i loro figli disponibili a partecipare allo studio può telefonare allo 091/6555903 o mandare una E-mail a centenari@unipa.it