Deepfake e identità digitale
l progetto, dal titolo: “Deepfake e identità digitale”, si focalizza in ottica HCI sulle interazioni tra individui e tecnologia deepfake. Nata nel 2017, tale tecnologia si basa sulla manipolazione artificiale di foto e video nei quali il volto o l’intera figura di una persona è trasferito nelle movenze di un’altra. Molteplici studi hanno analizzato sia i potenziali rischi dell’uso di video deepfake (p.e. furto di identità, uso in casi di cyberstalking, cyberbullismo, fake news) sia le potenzialità applicative come favorire l’auto-presentazione in casi di perdita della voce per condizioni mediche (Langa, 2021), creare sessioni terapeutiche facendo rivivere ai pazienti situazioni del passato (Wiederhold, 2021) o incrementare la motivazione allo studio, utilizzando personaggi storici come relatori durante le lezioni (Ham, 2021). Il progetto da una parte vuole verificare che la tecnologia deepfake permetta di strutturare interventi basati sul video- modeling, una tecnica di apprendimento vicario basata sull’osservazione da parte del soggetto di azioni compiute da altri, già dimostrata essere efficace ai fini dell’acquisizione di molteplici competenze come, ad esempio, la self-efficacy (Buck et al, 2016); dall'altra, vuole verificare che implementare esperienze di video-modeling basate sul deepfake, nelle quali si promuove una auto-osservazione delle proprie movenze nei panni di un altro, contribuisca a facilitare lo sviluppo di una maggiore autoconsapevolezza della propria identità. Il tema dell’identità è centrale sia in ambito filosofico che in ambito psicologico e si riferisce alla natura fondamentale e distintiva di una persona o di un oggetto. È una nozione complessa che coinvolge una combinazione di caratteristiche fisiche, psicologiche, sociali e culturali che definiscono chi siamo come individui. In tal senso, si ritiene che la tecnologia deepfake divenga una sorta di setting digitale privilegiato, a cavallo tra l'ambiente reale e virtuale, che codificando le azioni e i comportamenti dei soggetti in sequenze di azioni relativamente stereotipate, prevedibili e verificabili, permetta all’individuo di costruire la rappresentazione della propria identità digitale, spingendolo anche a porsi domande sulla sua autenticità e sulla relazione tra essa e la propria identità offline. Se, da una parte, alcune persone vedranno la possibilità di esplorare diverse sfaccettature di sé stesse, altre si preoccuperanno che tale frammentazione possa portare a una perdita di coerenza e autenticità nell'identità complessiva, rendendo difficile distinguere ciò che è autentico da ciò che è costruito. Come suggerito da Derriga e Stiegler (1997) occorre interrogarsi sulle implicazioni etiche e sociali delle nuove forme di manipolazione digitale, al fine di trovare soluzioni che bilancino l'innovazione tecnologica con la protezione dell'integrità individuale e collettiva. Va altresì considerato che, nella prospettiva della psicologia dello sviluppo, le opportunità tecnologiche stanno amplificando il rischio di accrescere l’insicurezza personale in quanto minacciano la conoscenza di sé e l’autonomia emotiva perché il fallimento, attraverso l’esposizione mediatica, assume una dimensione pubblica e duratura. Gardner e Davis (2014) parlano di Generazione App per indicare gli adolescenti che crescono immersi in App che finiscono con il diventare una sorta di impronta digitale, rilevatrice della loro identità, chi sono, cosa piace loro, e con chi sono in relazione. Il progetto mira quindi a rispondere alle seguenti domande: 1 )Esistono vincoli tecnico-ingegneristici o etici nell'uso della tecnologia deepfake basata sul video- modeling? 2) Durante le sessioni di video-modeling deepfake, quali sono le auto-percezioni dei soggetti rispetto alla loro identità digitale? 3) L’uso di sessioni di video-modeling deepfake è efficace per promuovere nei soggetti l’aumento della propria auto-consapevolezza e ridefinire un nuovo concetto epistemologico dell'identità?