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Centenari e COVID-19: ricerca del Dipartimento BiND pubblicata su “Immunity & Ageing”

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Un team del Dipartimento BiND-Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica Avanzata dell’Università degli Studi di Palermo composto dai proff. Calogero Caruso e Giuseppina Candore e dalle dott.sse Giulia Accardi, Anna Aiello e Anna Calabrò, impegnato nello studio dei centenari, semi e supercentenari ha condotto la ricerca dal titolo “Centenarians, semi and supercentenarians, COVID-19 and Spanish flu: a serological assessment to gain insight into the resilience of older centenarians to COVID-19”, appena pubblicata sulla rivista scientifica “Immunity & Ageing” del gruppo Springer Nature.

«Lo studio – spiegano dal gruppo di lavoro - ha preso il via dalla considerazione che, sebbene sia noto che gli anziani sono stati i più vulnerabili al COVID-19, due studi, di cui uno condotto dal gruppo del BIND, hanno mostrato che i centenari più anziani di età superiore ai 101 anni durante il picco della pandemia del 2020 erano stati più resistenti rispetto ai centenari più giovani. Infatti, analizzando la mortalità dei centenari di 100 e 101 anni e di quelli di età superiore ai 102 anni (1918, anno dell’influenza spagnola, come anno di nascita dirimente), era stato notato un eccesso di mortalità del 61% nel 2020 dei centenari di 100 e 101 anni rispetto alla mortalità del 2019. I centenari con una età di 102 o più anni, non avevano invece mostrato un incremento di mortalità legato alla pandemia. Questa coincidenza temporale tra l'inizio dell’epidemia di influenza spagnola e la nascita successiva delle coorti più vulnerabili al COVID-19 nel 2020 aveva suggerito un legame tra l'esposizione all'influenza pandemica H1N1 del 1918 e la resilienza al SARS-CoV-2. Meccanismi immunitari cross-reattivi tra i due virus avrebbero potuto permettere ai centenari di combattere il COVID-19 un secolo dopo.

Per chiarire i meccanismi di questa resilienza - continua il team - abbiamo utilizzato una collezione di sieri di 33 centenari, che include 7 semi-supercentenari di età compresa tra 104 e 109 anni e 4 supercentenari di età superiore a 109 anni, nati tra il 1905 e il 1922. Questi campioni sono stati raccolti prima e dopo il picco della pandemia di COVID-19 nel 2020. È stato condotto uno studio sierologico retrospettivo per esplorare sia il ruolo dell'influenza spagnola nella resistenza al COVID-19 sia se i centenari più anziani mostrassero resilienza al COVID-19. Per raggiungere questo obiettivo, il gruppo di lavoro ha collaborato con ricercatori delle università di Siena e del Kent, specializzati in sierologia del COVID-19 e dell'influenza H1N1 del 1918. In particolare, per la sierologia del COVID-19, lo studio si è concentrato sulla rilevazione degli anticorpi contro la proteina del nucleocapside (NP) del SARS-CoV-2, indicativi specificatamente di una precedente infezione con il virus, poiché i vaccini a mRNA non generano una risposta immunitaria contro questa specifica proteina. Inoltre, sono stati cercati gli anticorpi neutralizzanti, il cui bersaglio specifico è la proteina Spike del virus. Questi anticorpi sono cruciali poiché sono considerati la migliore metodica per determinare quanto gli anticorpi possano proteggere contro l'infezione da SARS-CoV-2, sia che una persona sia stata infettata naturalmente sia che sia stata vaccinata. I dati ottenuti mostrano che 8 centenari erano stati infettati dal SARS-CoV-2 (infezione documentata dalla presenza di anticorpi diretti verso l’antigene NP). L'infezione era stata lieve o addirittura asintomatica e non era stato necessario il ricovero, nonostante 3 degli 8 avessero tra i 109 e i 110 anni. I livelli di anticorpi anti-Spike nei centenari infetti e/o vaccinati erano più alti, anche se non significativamente, rispetto a quelli di un gruppo di controllo di settantenni. Tutti i centenari avevano livelli di anticorpi contro il virus H1N1 del 1918 molto più alti (quasi 50 volte) rispetto ai settantenni, indicando la durata della memoria immunologica oltre i 100 anni. I centenari il cui sangue era stato raccolto prima della pandemia avevano anticorpi neutralizzanti contro il virus H1N1 del 1918, ma erano negativi al SARS-CoV-2, escludendo quindi la presenza di anticorpi cross-reattivi tra i due virus.

Lo studio dimostra che i centenari più anziani sono resistenti al COVID-19, in quanto sono in grado di produrre buoni livelli di anticorpi neutralizzanti e di avere malattie lievi o asintomatiche. Questa resilienza potrebbe essere legata alla pandemia di influenza spagnola del 1918, possibilmente attraverso meccanismi come i cambiamenti epigenetici indotti dal virus H1N1 nel sistema immune piuttosto che ad anticorpi cross-reattivi tra il virus H1N1 del 1918 e il SARS-CoV-2. Un'altra possibilità, è che questa resilienza sia semplicemente dovuta alla loro età più avanzata, poiché diversi studi, inclusi quelli del team, stanno dimostrando che i centenari più anziani arrivano a un’età più avanzata perché hanno un controllo delle risposte immuno-infiammatorie migliore rispetto ai centenari più giovani e agli ultranovantenni.

Questa ricerca aggiunge quindi ulteriori prove all'ipotesi che una buona efficienza del sistema immune giochi un ruolo significativo nel raggiungimento di una longevità estrema. Questa ipotesi è affascinante perché diversi ricercatori stanno studiando come prevenire o rallentare l’invecchiamento del sistema immune».